Santanchè, ora la destra si vergogna di difenderla

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L’unica certezza è la data d’inizio della partita in aula, lunedì prossimo. Ma per il resto, tutto ciò che ruota attorno alla mozione di sfiducia dei Cinque Stelle per la ministra Daniela Santanchè è fatto di ipotesi, cattivi pensieri e soprattutto assenze: assolutamente volute. A partire da quella già in archivio della stessa big di Fratelli d’Italia, che ieri ha disertato il Consiglio dei ministri, ufficialmente “per impegni pregressi” secondo la vaga versione del suo staff.

Ma il punto è un altro, ossia la voglia di marcare visita nella discussione alla Camera sulla ministra di tanti big di FdI, come del centrodestra tutto. Perché tra i meloniani nessuno ha urgenza di difendere pubblicamente la veterana che dietro le quinte hanno tutti già abbandonato. E figurarsi gli alleati, che meditano addirittura di non dire una parola in aula. Della serie: il voto contro la mozione per ragione di governo sarà un sacrificio più che sufficiente. Ma metterci la faccia no, avanti qualcun altro.

Un mantra diffuso nella Lega come in buona parte di Forza Italia, dove però qualcuno ribalta così il ragionamento: “Noi di FI siamo garantisti, ma il rischio è di trovarci quasi da soli a difenderla”.

Anche perché, spiegano dal partito di Antonio Tajani, non è stabilito da nessuna parte che tutti i partiti debbano intervenire durante la discussione e il voto su una mozione di sfiducia dell’opposizione. Il problema, si spiega, è solo di FdI. Nell’attesa, in queste ore si discute su chi dovrà bere l’amaro calice della difesa d’ufficio di Santanchè. Il candidato naturale sarebbe Gianluca Caramanna, suo consigliere politico e di cui si fa il nome per diventare il successore della ministra. Ma così non sarà, per schivare imbarazzi. Così alla fine il cerino potrebbe restare nelle mani del capogruppo di FdI, Galeazzo Bignami.

Luca De Carolis e Giacomo Salvini