Saviano: “La destra di Meloni è violenta. Piantedosi? Marionetta di Salvini

0
25
saviano
saviano

«Che tempi bui». Saviano esordisce così prima di iniziare l’intervista nel giorno in cui uno dei quotidiani governativi gli dedica la prima pagina con il suo volto sovrastato dal titolo “Lo stupidologo”. «Meloni usa Paolo Borsellino come simbolo, ma il suo partito non ha niente da spartire con quella storia». «Questa destra è la peggiore possibile», dice, «è razzista, violentissima».

Saviano non fa sconti al governo. Ha concluso da poco l’ultimo progetto editoriale: “Chi chiamerò a difendermi”, il terzo podcast della serie su Giovanni Falcone, prodotta da Audible firmato dallo scrittore di Gomorra, sotto scorta da oltre 15 anni per le minacce della camorra. Il podcast sarà disponibile a partire dal 23 maggio, il giorno del ricordo della strage di Capaci in cui la mafia uccise il giudice Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.

Giovanni Falcone è un simbolo. Il tuo scopo però è raccontare cosa c’è dietro il mito. Cosa hai trovato?

Ho cercato di raccontare ciò che era Giovanni Falcone, una persona in grado di avere conoscenza  millimetrica del potere criminale, quindi scaltro, strutturato, coraggioso, e dall’altra parte ingenuo, non si è accorto che i suoi colleghi lo stavano fregando nelle manovre per che le sue mosse era maldestre come candidarsi al Csm, il suo isolamento era totale.

Ricordo del primo verbale di Tommaso Buscetta vergato a mano da Falcone. Mi colpì la scrittura ordinata, immutata per pagine e pagine, la grafia sprigionava tranquillità. Eppure già all’epoca sapeva benissimo che la mafia ucciderlo. Come si può essere così lucidi in momenti così drammatici per la propria vita?

Falcone sapeva di essere nemico di un’organizzazione che aveva deciso di utilizzare il terrorismo per attaccarlo, Oggi è soprattutto il fango lo strumento per disinnescare i nemici delle organizzazioni mafiose. Cosa nostra lo vedeva come la persona che avrebbe potuto cambiare le leggi necessaria alla lotta alla magia, in grado di cambiare l’opinione pubblica. La sua lucidità derivava dalla consapevolezza che tenere insieme forma (il diritto) e sostanza (l’inchiesta) era l’unica strada per dimostrare oggettivamente l’esistenza di cosa nostra.

Perché un podcast?

Perché è come mettersi attorno al fuoco e ascoltare una storia. Quindi chiedo il tempo al mio ascoltatore per ascoltare una storia che lo commuoverà, lo farà arrabbiare, riflettere. La rende più accessibile storie complesse. Il podcast facilità l’entrata in questi meccanismi.

Nella narrazione costruita da Giorgia Meloni Paolo Borsellino è un mattoncino fondamentale. Lei dice di avere iniziato a fare politica dopo la sua uccisione. Credi che questa destra sia degna di sventolare la sua bandiera?

Utilizzano Borsellino perché aveva una formazione politica conservatrice, a differenza di Falcone e Antonino Caponnetto. Ma è pura propaganda, non c’è nulla della tradizione del pool antimafia, di cui faceva parte Borsellino, presente nella storia di Fratelli d’Italia. Niente, assolutamente niente.

Meloni è stata nel governo Berlusconi con Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario condannato per camorra. Una storia che tu conosci bene

Meloni non ha detto nulla di Cosentino, suo collega al governo, né sui funzionari di Fratelli d’Italia coinvolti in vicende criminali. Hanno taciuto circa il senatore Antonio D’Alì e Marcello Dell’Utri. Abbiamo avuto in questi mesi due soggetti che hanno ricoperto ruoli apicali ai vertici dello stato, D’Alì (ex sottosegretario agli Interni durante i governi Berlusconi) e Cosentino, condannati in via definitiva per mafia. Mai nella storia repubblicana si era arrivati a questo. Mai.

Quest’anno ricorrono i 30 anni delle stragi del 1993. C’è un’indagine a Firenze, Domani ha dedicato diverse puntate e fatto alcuni scoop su questo filone che vede indagati Berlusconi e Dell’Utri come presunti mandanti occulti e politici. Tu credi che ci sia stata una regia esterna e superiore nelle stragi?

Sulle stragi non arriveremo mai a una verità condivisa, è letteralmente impossibile. La regia esterna sarà impossibile da individuare dal punto di vista giudiziario, ma abbiamo già una verità storica: chi l’ha isolato, chi l’ha perseguitato, chi l’ha ucciso.

Cosa pensi della chiusura del programma di Massimo Giletti mentre erano in preparazione puntate sulle stragi?

È una storia oscura quella della chiusura del programma. Non ho elementi per valutare cosa sia davvero successo. Ma è tutto molto pericoloso quello che sta accadendo in questo paese. Sembra impossibile trovare uno spazio dove potere in maniera costante dare attenzione a queste dinamiche.
Qual è l’eredità più importante che ci ha consegnato Falcone?

«Il coraggio come scelta, quindi prendere una posizione pur sapendo che le conseguenze saranno terribili, ma se sai che quella posizione è giusta, se irrori continuamente di interrogativi, riflessioni, di trasformazioni questa tua verità sai che dà senso alla tua via. L’altra eredità è la conoscenza: Falcone nei suoi processi non ha mai cercato scorciatoie.