Scarso effetto dai flussi di ribilanciamento

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La parte finale di giugno avrebbe dovuto essere all’insegna dei flussi di ribilanciamento, stimati da JPMorgan in circa fino a 250 mld $, da parte di fondi sovrani e soprattutto fondi pensioni statunitensi a prestazione definita (stima di 200 mld di $ complessivi): in questa settimana l’effetto non si è sostanzialmente visto

Altri flussi attesi a supporto del mercato sono quelli di buy-back e distribuzione dividendi: le banche USA hanno ricevuto l’ok dagli stress test della Fed e quindi potranno tornare a distribuire flussi. Intorno a metà luglio poi si entrerà nel vivo della stagione delle trimestrali: in virtù del periodo di black-out potremmo quindi vedere anticipazioni dei buyback, visto che nelle vicinanze dei risultati le società non li possono effettuare.

Un dibattito interessante che si sta aprendo nella Fed è quello relativo alla necessità di non emulare quello che la stessa fece negli anni ’70 con Volcker, ovvero evitare gli stop-and-go dell’epoca, con rialzi seguiti da tagli dei tassi frettolosi per lottare contro la recessione, salvo poi rialzarli quando l’inflazione abbia risollevato nuovamente la testa. I mercati obbligazionari stanno iniziando a immaginare uno/due tagli dei tassi nel corso del 2023, in un percorso simile a quello di fine ’70 e anni ’80.

La velocità con cui le Banche Centrali stanno portando avanti la lotta all’inflazione è funzionale alla necessità di trovarsi con inflazione sedata (vicino al 2%) nel momento in cui si devono avere le mani libere per dedicarsi alla recessione. In caso contrario (perché, ad esempio, l’inflazione resta troppo alta) significherebbe arrivare a guardarla senza poter fare nulla e rischiare di farla diventare più profonda e più lunga.