Roma – “E’ tempo di considerare la possibilit che la Covid-19 si trasmetta attraverso l’aria”, il titolo del manoscritto accettato dalla rivista Clinical infection disease, redatto da due ricercatori, un’australiana e un americano (Lidia Morawska, Donald K. Milton) e firmato da 239 scienziati di ogni parte del mondo per chiedere all’Oms di rivedere le linee guida per contenere la pandemia del nuovo coronavirus. Perch se le particelle virali sono capaci di trasmettersi per via aerea cambia tutto, specie nei luoghi chiusi: mascherine, perch il distanziamento non basta, e revisione dei sistemi di ventilazione soprattutto sui mezzi di trasporto, uffici, scuole, per minimizzare i rischi. Secondo gli esperti che hanno scritto (e molti sono ingegneri che hanno studiato i flussi di particelle nell’aria) le prove del potenziale rischio infezione “airborne” ci sono e l’Oms dovrebbe prenderle in considerazione.
L’Organizzazione mondiale della sanit temporeggia: “Riconosciamo che ci sono prove emergenti in questo campo’ e quindi “dobbiamo essere aperti nei confronti di queste prove e comprendere le sue implicazioni riguardo alle modalit di trasmissione e le precauzioni che devono essere prese’ ma ritiene che siano ancora necessarie ulteriori ricerche sulla trasmissione’.
Il dibattito resta aperto. Ma cosa fare, nel mezzo del dibattito, per non correre (troppi) rischi? Secondo l’infettivologo Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano la potenzialit della trasmissione via aerea, al di l delle prove, va considerata, per giocare d’anticipo. E anche in un modo originale.
‘Innanzitutto – spiega – capiamoci su cosa si intende per airborne, perch per me gi airborne, ovvero si trasmette per via aerea. Comunque, secondo il manoscritto in questione, significa che c’ una trasmissione del virus per via aerea ipotizzata a una distanza importante, e favorita dal ricircolo dell’aria. Il nuovo coronavirus airborne significa che si trasmette anche nell’aria, e che pu raggiungere distanze ben pi vaste di un metro o due, secondo le canoniche prescrizioni. Quindi “si mette l’accento su un argomento importante, anche se fosse lontano dall’essere provato. Una vasta parte della comunit scientifica fatta di tecnici competenti in campi diversi ha sollevato la questione della possibilit di una trasmissione del virus a distanze maggiori di quelle definite dagli attuali provvedimenti di distanziamento. Viene posta la questione che in ambienti chiusi, anche il ricircolo stesso possa essere responsabile di una veicolazione delle goccioline a distanza ben maggiore di quella considerata oggi. Per questo motivo c’ la necessit di riprendere in considerazione la questione”.
I ricercatori avvertono che alcuni studi hanno dimostrato “al di l di ogni ragionevole dubbio” che le particelle virali sono rilasciate mentre respiriamo, parliamo, starnutiamo o tossiamo in micro-droplets, piccole abbastanza da rimanere sospese nell’aria e mettere a rischio di essere esposti al contagio ad una distanza ben superiore a uno-due metri da una persona infetta. Ad esempio ,considerando un modello tipico di circolo e di velocit dell’aria in un luogo chiuso, una droplet di 5 micrometri viagger decine di metri, e quindi molto pi di in l della scala di una classica stanza. A dimostrarlo c’ l’ormai famoso studio sui clienti di un ristorante cinese. Ma anche casi che hanno fatto scuola per altri virus, come la Sars. Galli ricorda il caso degli Amoy Gardens, un grande complesso di appartamenti privati ad Hong Kong durante l’epidemia di Sars nel 2003: a differenza di un tipico focolaio virale che si diffonde dal contatto da persona a persona, in questo caso si diffuse principalmente nell’aria, a causa di alte concentrazioni di aerosol virali che dagli impianti di ventilazione dei bagni ( il virus Sars era presente ad alte concentrazioni nelle feci) si diffondevano agli appartamenti vicini.
Ma anche il caso del focolaio di Covid-19 in un gigantesco mattatoio del Nordreno-Westfalia “il sospetto che qualche elemento ambientale in pi possa aver interferito mi venuto, stiamo aspettando altri riscontri”. Quindi, se anche il nuovo coronavirus fosse airborne? Secondo i ricercatori (uno australiano e l’altro Usa) per ridurre il rischio di una trasmissione per via aerea necessario garantire una efficace ventilazione, fornendo aria esterna pulita e minimizzando la ri-circolazione dell’aria, particolarmente in uffici pubblici, ambiti lavorativi, scuole, ospedali e case di riposo per anziani; fare attenzione ai sistemi di filtraggio, ed consigliato anche l’uso di luci ultraviolette germicide; evitare il sovraffollamento specie nei mezzi di trasporto pubblici ed edifici pubblici.


