La grancassa suonata a tutto volume in gloria della Statista della Sgarbatella da parte dei media filo-governativi sulla decisione di Fitch di promuovere il rating italiano, portandolo a BBB+, ha ricevuto l’atteso controcanto al termine dell’editoriale di Federico Fubini sul “Corriere della Sera’’ di ieri, intitolato: ‘’L’Italia promossa. E adesso?’’.
L’articolo mette in risalto due dati inconfutabili. Primo: senza i 200 miliardi del Pnrr, portati da Conte in dote al governo Meloni, la promozione di Fitch l’Armata Branca-Meloni la vedeva col binocolo.
Seconda fortuna: grazie al tafazzismo egolatrico di un’opposizione evanescente e alla continua irrilevanza del mondo sindacale (gran parte degli iscritti della Cgil sono pensionati, mentre la Cisl è passata nelle fila governative), il Belpaese dei Meloni registra i salari che sono fermi a dieci anni fa, tra i più bassi d’Europa.
A proposito della cuccagna del Pnrr, scrive Fubini: “Malgrado i vasti e numerosi cantieri del Piano nazionale di ripresa nel 2025 — che si chiude tra meno di un anno — il Paese crescerà metà di quanto previsto inizialmente, dello 0,5% o poco più”.
Sul secondo punto, si legge: “E malgrado i continui record dell’occupazione, ai dati più recenti sale verso nuovi record anche la quota di abitanti a rischio di povertà o esclusione sociale: quasi un quarto del totale’’.
‘’Com’è possibile avere allo stesso tempo più occupati, ma più poveri?’’, argomenta il vice direttore del ‘’Corriere”. “Il nesso è nelle inefficienze del sistema: ogni ora lavorata in Italia produce in media il 20% di reddito in meno rispetto alla Germania e il 14% in meno della Francia (secondo la banca dati della Commissione europea). E questo scarto di produttività, a differenza dello spread finanziario, in questi anni sta continuando ad allargarsi”, conclude Fubini..
Infatti, i salari reali in Italia all’inizio del 2025 erano del 7,5% inferiori rispetto a inizio 2021. In questi anni, quindi, i salari nominali sono aumentati, tuttavia non abbastanza per recuperare le perdite dovute all’inflazione, rendendo più bassi i salari reali, abbassando così il nostro potere d’acquisto.
La Retribuzione Annua Lorda (RAL) media si aggira attorno ai 32.000 euro, ma lo stipendio netto mensile è di circa 1.700-1.850 euro.
Morale della favola: senza i miliardi del Pnrr accompagnati da salari da sopravvivenza, anche la minima crescita dello 0,5% non sarebbe mai avvenuta.



