La riforma, comunque, ha di fronte un percorso lungo e complicato, prima di entrare in vigore. Ed è lecito attendersi che “nel corso del percorso” possa cambiare. Già nei prossimi mesi. Anzitutto, perché dovrà essere esaminata e votata nuovamente da entrambe le Camere. Inoltre, potrebbe essere sottoposta al giudizio dei cittadini, attraverso un referendum. Infine, richiederà altre leggi per venire attuata.
Comunque, l’argomento è già al centro dell’attenzione e della discussione politica. E, di conseguenza, anche dei cittadini. Nonostante si tratti di una materia complessa e non totalmente de-finita. Tuttavia, costituisce un tema indubbiamente importante, non solo in ambito politico. E suscita attenzione e inquietudine. Non da oggi, ma da oltre 30 anni. Dai tempi di Tangentopoli, quando i magistrati denunciarono i legami di interesse fra la politica e i centri di potere economico del Paese. Determinando la crisi del sistema politico. E dei principali partiti che avevano governato il Paese nel Dopoguerra.
Gli artefici più importanti della “rottura” furono, allora, i magistrati, in primo luogo Antonio Di Pietro. Il quale, peraltro, in questa fase ha espresso la propria solidarietà al sindaco di Milano, dichiarando che «Mani Pulite è stata tutta un’altra cosa». Ma, in questo modo, ha ri-evocato Mani Pulite. Un’inchiesta sempre aperta. Che non finisce mai. Come i problemi che richiama.
Tuttavia, l’atteggiamento degli italiani verso i magistrati, nel corso del tempo, è cambiato profondamente. Tanto che il grado di fiducia nei loro confronti oggi si è fermato al 40%. Molto al di sotto rispetto alle principiali autorità dello Stato, come il presidente della Repubblica. E a istituzioni importanti, come le forze dell’ordine. Comunque, attualmente, tra gli italiani non emerge un orientamento preciso e deciso, in merito a questa riforma. Non solo perché si tratta di una materia complessa e non particolarmente chiara. Ma, anzitutto, perché l’atteggiamento verso i magistrati è divenuto incerto. E, quindi, nelle posizioni dei cittadini prevale un forte equilibrio. Che riflette non solo una divergenza di vedute nel merito, ma un clima diffuso di in-comprensione.
Negli ultimi mesi, tuttavia, il consenso verso la riforma è calato e oggi prevale, di poco, il dissenso. Il distacco. Va sottolineato, però, come tra le principali riforme istituzionali promosse e sostenute dalla maggioranza di governo il tema della giustizia rimanga quello che gode del maggiore sostegno dei cittadini. Superiore, di molto, rispetto all’autonomia differenziata. E alla stessa elezione diretta del presidente del Consiglio. Un grado di consenso che rispecchia ampiamente le posizioni politiche e dei partiti. E riflette, in particolare, la distanza e le differenze espresse nel merito fra maggioranza e opposizione.
Il favore più ampio, oltre l’80% e prossimo al 90%, si rileva, infatti, tra gli elettori che si dichiarano vicini alla Lega, a Fratelli d’Italia e a Forza Italia. Ma è molto elevato – superiore al 70% – anche tra le forze politiche del Terzo polo. Italia Viva e Azione. Nella base di +Europa, invece, scende al 54% e più sotto fra i sostenitori ed elettori degli altri partiti. Il M5s, Avs e il Pd. Che conferma il profondo dissenso verso questa riforma, ritenuta, da questa parte politica, lontana dagli interessi dei cittadini. E vicina a quanti vorrebbero e vogliono de-limitare gli spazi di azione dei soggetti che possono frenare l’azione e gli attori di governo. Una riforma ritenuta in-giusta, perché, in questo modo, “limiterebbe” ulteriormente i poteri di chi intende “limitare” e contrastare il potere.
Ilvo Diamanti


