Serve una spietata vigilanza sul razzismo

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Due episodi all’incirca identici nello stesso giro di ore in una Roma che appare ogni giorno sempre più insofferente e carogna. Due episodi destinati a non fare alcun rumore, cose di normale amministrazione che finiscono, seppure ci finiscono, con la denuncia in un commissariato che lascia il tempo che trova.

Sono due persone di colore che conosco. Uno è un amico. Nato in un Paese africano, vive in Italia da molti anni. Lavora in una catena alberghiera, è sposato a un’italiana (ancora aspetta la nazionalità italiana), ha due figli. L’altro, invece, è una conoscenza casuale. Presentatomi qualche settimana fa da amici e si è rifatto vivo fa giusto per raccontarmi quello che gli era capitato.

Che più o meno è la stesa cosa capitata all’amico di cui dicevo all’inizio. In entrambi i casi un alterco con un onesto cittadino italiano dalla pelle bianca che più bianca non si può. Un alterco sorto come si dice per futili motivi ma provocato dall’altro. La rabbia, le parole grosse, poi uno spintone dato e ricambiato, e infine la frase fatale: «Negro di m….! Che ci fai qui, tornatene a casa tua!».

Non c’è da esagerare, naturalmente, ma dell’esistenza o meno del razzismo sono sempre e solo le vittime gli unici giudici autorizzati. Ora entrambi mi confidano — e lo fanno quasi scusandosi di dire una cosa sgradevole — che da quando ci sono state le elezioni di settembre essi avvertono nell’aria un clima diverso, una maggiore tensione, una maggiore facilità alla diffidenza, all’insulto.

Perché la destra vincitrice ha fatto qualcosa che autorizzi un tale mutamento? Certamente no, anche se basta qualche parola sbagliata per risvegliare il pregiudizio malmostoso annidato in tanti. Ma proprio perché la destra pure sa bene cosa sia il pregiudizio, non è male che il suo governo eserciti la massima vigilanza su episodi come quelli che ho raccontato, su tutto quanto può favorirli. Una vigilanza spietata aggiungo: spietata.

Ernesto Galli della Loggia