Shein: l’Antitrust avvia un’istruttoria per pubblicità ambientale ingannevole

0
23

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Antitrust) ha avviato un’istruttoria nei confronti del noto marchio di moda Shein Infinite Styles Services CO.

Limited, con sede a Dublino e gestore del sito web italiano di Shein, per possibile pubblicità ingannevole. Secondo l’AGCM, la società utilizzerebbe strategie di comunicazione potenzialmente ingannevoli o incomplete riguardo alla sostenibilità dei suoi capi d’abbigliamento, considerando anche dell’impatto ambientale legato al settore in cui opera, ovvero il cosiddetto “fast fashion” o “super fast fashion“.

Shein: il colosso della moda fast fashion

Fondata nel 2008 in Cina, Shein è diventata uno dei principali attori globali nel settore del fast fashion, ed è nota per la vendita di abbigliamento a basso costo attraverso il suo portale online. Si tratta di un modello di produzione e distribuzione di abbigliamento basato sulla rapida introduzione di nuove collezioni a prezzi accessibili.

Questo approccio permette ai consumatori di acquistare capi alla moda a costi contenuti, ma presenta importanti criticità, soprattutto dal punto di vista della sostenibilità ambientale e sociale.

La produzione accelerata del fast fashion, infatti, comporta un elevato consumo di risorse naturali, aumento delle emissioni di CO₂ e accumulo di rifiuti tessili, oltre a sollevare preoccupazioni riguardo alle condizioni di lavoro nelle fabbriche. Grazie a questo modello di business, Shein ha rapidamente conquistato un vasto pubblico, in particolare tra i giovani, attirando milioni di clienti in tutto il mondo con il suo ampio assortimento di abbigliamento e accessori, aggiornati costantemente e accompagnati da promozioni frequenti.

Tuttavia, l’azienda è spesso stata oggetto di critiche per le questioni legate alla sostenibilità e alle condizioni lavorative lungo la catena di produzione.

L’istruttoria dell’Antitrust

L’istruttoria dell’Antitrust si inserisce in un dibattito più ampio sulle responsabilità delle grandi marche nel comunicare il loro impegno verso l’ambiente.

In particolare, l’AGCM ha osservato che, in un contesto di crescente sensibilità dei consumatori verso l’impatto ambientale delle loro scelte, Shein tenterebbe di promuovere un’immagine di sostenibilità legata alla produzione e alla commercializzazione dei propri capi d’abbigliamento, utilizzando dichiarazioni ambientali generiche, vaghe, o potenzialmente fuorvianti, in merito alla circolarità dei prodotti e alla loro qualità nel quadro di un consumo responsabile. In particolare, alcune informazioni fornite in relazione alla linea “evoluSHEIN”, che Shein dichiara come sostenibile, “potrebbero indurre in errore i consumatori riguardo alla quantità utilizzata di fibre “green”, omettendo anche di informarli sulla non ulteriore riciclabilità dei capi d’abbigliamento”.

L’Antitrust ha altresì aggiunto che Shein Infinite Styles Services CO. Limited sottolineerebbe in modo generico il proprio impegno nei processi di decarbonizzazione delle attività aziendali. Tuttavia, gli obiettivi dichiarati sul sito web sembrerebbero in contrasto con i dati riportati nei documenti di sostenibilità di Shein per il 2022 e 2023, che evidenziano un significativo aumento delle emissioni di gas serra.

La Direttiva (UE) 2024/825 contro la pubblicità ambientale ingannevole

Una circostanza particolarmente rilevante, considerando che l’UE ha recentemente introdotto la Direttiva (UE) 2024/825, con l’obiettivo di garantire una maggiore protezione ai consumatori contro le pratiche commerciali scorrette e, al contempo, di sostenere la transizione ecologica attraverso una comunicazione più chiara e trasparente.

In particolare, la direttiva prevede una lista di comportamenti considerati pratiche commerciali sleali.

Tra questi, l’etichettatura di prodotti con marchi di sostenibilità non basati su sistemi di certificazione ufficiali o non riconosciuti da organismi statali. Ciò significa che le dichiarazioni ambientali devono essere supportate da un piano dettagliato e verificabile, contenente impegni chiari e risorse assegnate, e devono essere pubblicamente accessibili.

Inoltre, l’uso di affermazioni ambientali generiche, come “ecologico” o “sostenibile”, per le quali i commercianti non possono fornire prove concrete, è considerato ingannevole.

In aggiunta, non è consentito fare false affermazioni riguardanti la durata del ciclo di vita di un prodotto, né presentare un prodotto come riparabile se non lo è effettivamente.

È vietato anche richiedere la sostituzione o il ripristino di componenti prima del necessario per motivi tecnici e non informare i consumatori che l’utilizzo di componenti non originali potrebbe compromettere la funzionalità del prodotto.

Ecolabel il marchio di qualità ecologica dell’UE

Il fenomeno del greenwashing ha preso piede nel mercato, con molti marchi che si dichiarano sostenibili ma risultano ingannevoli, poiché non forniscono informazioni adeguate a supporto delle loro affermazioni. Un utile strumento per promuovere scelte sostenibili è l’Ecolabel UE, un’etichetta di qualità ecologica che guida consumatori e imprese verso opzioni più rispettose dell’ambiente.

Celebrato proprio il 10 ottobre scorso, l’Ecolabel rappresenta un passo importante verso un’economia circolare e sostenibile.

I prodotti certificati devono superare un rigoroso processo di verifica condotto da esperti indipendenti, garantendo l’uso di materiali sostenibili e l’esclusione di sostanze nocive.

I consumatori possono contribuire attivamente chiedendo trasparenza e scegliendo prodotti con il marchio Ecolabel, aiutando così a contrastare il greenwashing.

In conclusione, l’adozione di pratiche commerciali più trasparenti e sostenibili da parte delle aziende del settore della moda non solo rappresenta una risposta alle crescenti aspettative dei consumatori riguardo alla responsabilità sociale, ma è anche fondamentale per la sostenibilità a lungo termine dell’industria stessa.