Nuova tegola per Shein, il colosso cinese del fast e superfast fashion, già più volte sotto i riflettori delle autorità di controllo. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha inflitto una sanzione da 1 milione di euro a Infinite Styles Services Co. Ltd, società che gestisce in Europa i siti di e-commerce del marchio. Nel mirino dell’Antitrust, l’uso di messaggi e dichiarazioni ambientali, i cosiddetti green claim, ritenuti ingannevoli e incompleti nella promozione e vendita dei prodotti a marchio Shein.
Nel settembre 2024 l’Antitrust aveva avviato un procedimento istruttorio per verificare la correttezza delle pratiche commerciali adottate da Shein. L’indagine ha accertato l’uso, da parte della società, di una strategia di comunicazione ingannevole sulle caratteristiche e sull’impatto ambientale dei propri prodotti di abbigliamento.
In particolare, sul sito web e in diverse pagine informative e promozionali, Shein ha diffuso dichiarazioni ambientali nelle sezioni #SHEINTHEKNOW, evoluSHEIN e Responsabilità sociale, ritenute dall’AGCM in alcuni casi vaghe, generiche o eccessivamente enfatiche, in altri fuorvianti o omissive.
Nella sezione #SHEINTHEKNOW, ad esempio, le affermazioni relative alla progettazione di un sistema circolare e alla riciclabilità dei prodotti “sono risultate false o quanto meno confusionarie”.
Analogamente, la linea evoluSHEIN by Design è stata promossa attraverso dichiarazioni che esaltavano l’impiego di fibre “green”, “senza indicare in maniera chiara quali siano i sostanziali benefici ambientali dei prodotti durante il loro intero ciclo di vita e senza specificare che tale linea di prodotti è ancora marginale rispetto al totale dei prodotti a marchio Shein”.
Tali dichiarazioni, secondo l’Autorità, “possono indurre i consumatori a ritenere non solo che la collezione evoluSHEIN by Design sia realizzata unicamente con materiali ecosostenibili, ma anche che i prodotti di questa collezione siano totalmente riciclabili, circostanza che, considerando le fibre utilizzate e i sistemi di riciclo attualmente esistenti, non risulta veritiera”.
Anche gli annunci di Shein relativi agli obiettivi di riduzione delle emissioni, del 25% entro il 2030 e di neutralità climatica entro il 2050, pubblicati nella sezione relativa alla Responsabilità sociale, sono stati presentati “in maniera generica e vaga, risultando addirittura contraddetti dall’incremento delle emissioni di gas serra dell’attività di Shein per gli anni 2023 e 2024”.
In conclusione, le dichiarazioni ambientali oggetto del procedimento sono risultate scorrette sia per vaghezza e genericità, sia per ingannevolezza, omissione o contraddizione rispetto ad altri dati diffusi dalla stessa Shein.
Queste pratiche violano le norme a tutela dei consumatori, in particolare gli articoli 21 e 22 del Codice del consumo, perché presentano informazioni fuorvianti sulle caratteristiche dei capi, sul ciclo produttivo e sui benefici ambientali dei prodotti, impedendo ai consumatori di fare scelte realmente consapevoli.
Una comunicazione è considerata ingannevole non solo quando contiene informazioni false, ma anche quando, pur corrette, sono presentate in modo da indurre in errore il consumatore medio su aspetti importanti del prodotto o del servizio.
Alla luce di tali criteri, le dichiarazioni di sostenibilità ambientale diffuse da Shein sono state ritenute scorrette.
La loro gravità è aumentata dal fatto che provengono da un’impresa che opera in un settore ad altissimo impatto ambientale, come il fast e superfast fashion. L’Autorità ha sottolineato il maggiore dovere di diligenza che incombe su Shein, protagonista di un modello di business basato sulla produzione e vendita di grandi volumi di capi a basso prezzo, concepiti per un uso limitato nel tempo e destinati rapidamente allo smaltimento.
Questo modello, caratterizzato dalla continua immissione di nuovi prodotti sul mercato, consegne rapidissime (spesso tramite spedizioni aeree dalla Cina), uso massiccio di data center e produzione elevata di rifiuti e microplastiche, contribuisce in modo significativo all’inquinamento globale.
A fronte di pratiche scorrette come quelle contestate, l’UE sta rafforzando il proprio impegno contro il greenwashing e a favore di un mercato più trasparente e sostenibile. In questo contesto si inserisce la Direttiva (UE) 2024/825, volta a garantire maggiore protezione ai consumatori e a sostenere la transizione ecologica attraverso comunicazioni più chiare e verificabili. La direttiva elenca comportamenti considerati sleali e introduce obblighi per rendere le informazioni sulle caratteristiche ambientali dei prodotti trasparenti e affidabili.
Parallelamente, la Commissione europea ha lanciato una strategia per il tessile sostenibile e circolare, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale di uno dei settori più inquinanti, rendendo i prodotti tessili più durevoli, riutilizzabili e riciclabili. La strategia prevede anche sistemi di responsabilità estesa del produttore, che obbligano le imprese a farsi carico dei costi di raccolta e riciclo dei capi immessi sul mercato.
Infine, il fast fashion rappresenta una sfida complessa anche per l’impatto ambientale delle spedizioni e degli imballaggi monouso. Su questo fronte, l’UE è recentemente intervenuta con il nuovo Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (Packaging and Packaging Waste Regulation), entrato in vigore a febbraio 2025. La normativa stabilisce requisiti vincolanti per rendere tutti gli imballaggi riciclabili, favorisce pratiche di riuso e fissa obiettivi di riduzione dei materiali “usa e getta”.
In questo modo, l’UE contrasta il greenwashing, promuove tessili più sostenibili e agisce per limitare l’impatto ambientale delle spedizioni legate all’e-commerce, affrontando in maniera integrata le criticità ambientali di settori ad alto impatto come il fast fashion.


