Alla guida del Consiglio Direttivo c’è Andrea Caffo, che ha deciso di creare questa nuova Onlus dopo aver ricevuto una diagnosi di SLA che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia: così, nel 2020 è arrivato il sito internet e un anno dopo è stata ufficializzata la nascita dell’Associazione.
Come spiega lo stesso Andrea Caffo sul sito di “Post Fata Resurgo”, “l’idea alla base di questa iniziativa è quella di cambiare il corso della storia di migliaia di persone con malattie terminali, me compreso”. E non c’è modo più adatto per contribuire alla promozione di quest’obiettivo che favorire una capillare informazione sugli studi clinici attualmente in corso per una malattia così complessa come la SLA.
Perciò, sul sito della nostra Associazione abbiamo creato una pagina in cui sono riportate in maniera semplice e ordinata le schede delle aziende impegnate nello sviluppo di trattamenti per la SLA, con tutti i farmaci in fase di valutazione”.
Nonostante esistano strumenti come il sito Clinical Trials, curato dalla National Library of Medicine (NLM) e dai National Institutes of Health (NIH) e dedicato a quanti svolgono ricerca in campo scientifico, era necessario sviluppare un’interfaccia più pratica anche per i non addetti ai lavori. “Desideravamo disporre di uno strumento facilmente accessibile ai pazienti e ai loro familiari, che fornisse loro risposte in merito allo stato della ricerca o dei processi approvativi delle principali terapie”, prosegue Caffo.
“A questa iniziativa abbiamo affiancato una rubrica, sul nostro canale YouTube, con interviste ai medici e ai ricercatori impegnati nella lotta alla SLA: si chiama “Research Spotlight” ed è strutturata come una serie di dirette online disponibili anche sulle nostre pagine social”.
“Nel nostro lavoro guardiamo con trepidazione alle nuove prospettive terapeutiche per la SLA e stiamo alacremente lavorando per ridurre i tempi d’accesso ai trial clinici”, aggiunge Caffo. “Inoltre, crediamo nei programmi per lo studio delle cause della malattia, come il Project MinE, destinato a comprendere le basi genetiche della SLA”.
Nello specifico, si tratta di un progetto che punta a sequenziare il genoma umano di 15mila pazienti con SLA e di circa 7.500 soggetti di controllo, per poi mettere a fattore comune tutte le mutazioni e identificare quelle che possono essere responsabili dell’insorgenza della patologia. “Dagli Stati Uniti all’Europa fino all’Australia, molti Paesi nel mondo hanno aderito con convinzione all’iniziativa ma l’Italia, purtroppo, è rimasta fanalino di coda”, ammette con amarezza Caffo.
“Di certo non mancano i campioni da analizzare e la nostra Associazione ha raccolto molti fondi da destinare al progetto, ma tutto ciò non è stato sufficiente”. A quanto pare, nel nostro Paese non ci si è resi conto dell’enorme potenziale di questo progetto, dal momento che indagare a fondo la genetica della SLA è utile non solo per trovare la causa di questa grave patologia neurodegenerativa ma anche per approfondire lo studio di condizioni affini, come la demenza frontotemporale o la malattia di Huntington.
L’augurio è che si possa recuperare il tempo perduto e che anche l’Italia riesca ad avere un ruolo da protagonista in questa missione.


