Smartphone, laptop e altri dispositivi elettronici potrebbero costare di più già dal prossimo anno, a causa della corsa dell’intelligenza artificiale ai chip di memoria tradizionalmente utilizzati anche nell’elettronica di consumo.
Lo sostengono produttori e analisti del settore, secondo cui i grandi data center dedicati all’IA stanno drenando una quota crescente dell’offerta globale.
Le big tech stanno investendo cifre senza precedenti nell’hardware necessario ad alimentare strumenti di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT.
La domanda di componenti è talmente forte da inceppare una catena di approvvigionamento che i produttori di chip hanno volutamente mantenuto rigida, nel tentativo di evitare nuovi crolli dei prezzi che peserebbero sui margini. Nel 2026 “la pressione sulla catena di fornitura dei chip di memoria sarà molto maggiore rispetto a quest’anno”, ha avvertito Lu Weibing, presidente del colosso cinese Xiaomi.
“Tutti probabilmente noteranno che i prezzi al dettaglio dei prodotti subiranno un aumento significativo”. Una previsione condivisa da William Keating, numero uno della società di consulenza tecnologica e per semiconduttori Ingenuity: “Tutte le aziende che producono PC, smartphone, server saranno colpite dalla carenza, con il risultato finale che i consumatori pagheranno di più”.
Al centro della contesa ci sono i chip di memoria DRAM e i componenti di archiviazione NAND, fondamentali sia per i gadget quotidiani sia per gestire le enormi quantità di dati elaborate dall’intelligenza artificiale generativa.
L’impennata della domanda, trainata dall’IA, sta spingendo verso l’alto i prezzi di questi chip e, di conseguenza, i ricavi dei produttori come Samsung e SK Hynix in Corea del Sud, o Micron e SanDisk negli Stati Uniti.


