Somalia, Grandi (Aics): “Nasce il fondo per la pace, l’Italia è apripista”

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“People are abused because they are too young and they’ve got no voice. You know when you’re lonely and you’ve got nobody to talk to and nobody seems to care about your situation, or even ask what you’re going through. It’s whereby people don’t pay attention to the street children, to their needs. “ Aliysha* and her twin sister left home in Zimbabwe to get away from a physically abusive step-father who also kept them from going to school. They ran away to a nearby town, but had to eat food from bins and sleep in bushes. She spent six months working for a woman who then refused to pay her. Her sister eventually left for South Africa to find work and they lost contact. In 2008 Aliysha decided to try to reunite with her sister in South Africa. She was 17. On the way she was sexually assaulted by knifepoint by a man who offered her help with transportation. She eventually made it to Cape Town, but encountered xenophobia there. Aliysha says: “I know a Zimbabwean there whose house was burnt down because they did not want him here. People call us cockroaches. It is a dangerous place to be a child alone.” Aliysha eventually found help at a Save the Children supported children’s centre in Johannesburg. She’s thankful for the care and attention she has received at the centre and says it has helped to heal her. She is now documented and has a job at a local charity shop. She also supports other children at the centre.

Il nuovo strumento è stato presentato questa settimana a Mogadiscio, durante una cerimonia alla quale hanno partecipato il primo ministro Hamza Abdi Barre e l’ambasciatore italiano Alberto Vecchi

L’Italia diventa “apripista”, con un’iniziativa bilaterale che va subito a supporto dell’azione del governo federale di Mogadiscio nelle aree “liberate” dal gruppo armato Al Shaabab ma che in prospettiva può aprirsi a più donatori internazionali: questa la lettura della nascita del fondo “Verso la stabilità e la pace in Somalia” (Tpss) data da Giovanni Grandi, titolare della sede regionale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) con base a Nairobi.

Il nuovo strumento è stato presentato questa settimana a Mogadiscio, durante una cerimonia alla quale hanno partecipato il primo ministro Hamza Abdi Barre e l’ambasciatore italiano Alberto Vecchi. “Il Fondo prevede la realizzazione di due tipologie di interventi, eseguiti sotto la guida del governo federale somalo” sottolinea Grandi, alla guida di un ufficio responsabile delle attività di cooperazione in più Paesi, dal Kenya alla Repubblica democratica del Congo, dal Burundi all’Uganda e dalla Tanzania fino appunto alla Somalia. “La prima serie di interventi sarà finalizzata a iniziative di emergenza e risposta rapida nelle aree liberate da Al-Shabaab; la seconda, invece, riguarderà interventi di sviluppo a medio-lungo termine, con un’attenzione particolare alla resilienza, all’empowerment economico e al processo di rafforzamento istituzionale nel Paese”.

Grandi continua: “Le attività comprenderanno sia interventi urgenti e immediati di riabilitazione di infrastrutture per la fornitura di servizi di base, sostegno all’educazione e all’istruzione e sostegno ai governi locali soprattutto per promuovere la coesione sociale e la riconciliazione all’interno dei territori liberati, sia progetti di sviluppo nei settori dell’ambiente e agricoltura, della salute e dell’industria”.
La cerimonia di Mogadiscio ha seguito di alcune settimane la firma dell’intesa sul fondo, siglata a Roma dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dall’omologo somalo Abshir Omar Huruse con un impegno italiano a un finanziamento iniziale per un valore di tre milioni e 820mila euro.

Secondo Grandi, al di là dell’entità del primo contributo ad avere rilievo è il meccanismo del fondo. “Questo strumento nasce come bilaterale ma sia dalla parte italiana sia da quella somala c’è l’ambizione di trasformarlo in multi-donatore, consentendo quindi anche ad altri di partecipare una volta che ne è provata l’efficacia”. La tesi del dirigente di Aics, allora, è che l’Italia sta facendo da “apripista”, prefigurando “un cambiamento radicale”. Finora, sottolinea Grandi, “gli interventi si sono basati sul supporto perlopiù attraverso le agenzie internazionali, tipicamente dell’Onu”.

Agenzia DIRE  www.dire.it