Il Mentana giornalista non si è mai rivelato. Mai visto. Si è assistito, invece, a surreali messe in scena delle quali è stato splendido sceneggiatore. Dibattiti fra un esponente di un partito ombra chiaramente collocato politicamente ed evidentemente schierato, travestito da giornalista e altri, certosinamente scelti. E forse neppure dibattiti.
Il penoso spettacolo al quale ci ha sempre costretto Mentana, con la sua evidente passione e appartenenza politica, possiamo paragonarlo, senza sforzo, alle peggiori tribune elettorali di tempi andati, fatte subdolamente con una modifica tipo “processo del lunedì” di Biscardiana memoria, per rendere la propaganda politica più divertente. E con l’importante variante che qualora l’ospite, chiunque esso fosse, avesse l’ardire di contraddirme le tesi, via a interruzioni e sovrapposizioni.
Si fece ammirare, qualche tempo fa, con l’allora Senatore dei Cinquestelle, Perilli. Una intervista surreale, nella quale interruppe ripetutamente l’intervistato, si sovrappose violentemente, discusse animatamente, ribadì il suo parere contestando, anche gridando, il parere dell’ospite. Un tipico esempio e purtroppo non è il solo, di ciò che intende Mentana per “giornalismo”. Anche se va detto che tale atteggiamento lo riserva, quasi esclusivamente, ai cinquestelle.
Dichiarò che, sapendolo prima, non avrebbe mandato in onda il famoso intervento di Conte con il richiamo a Meloni e Salvini. Poi ritenne opportuno, invece, mandare in onda le immagini della tragedia di Mottarone. Mai nella mia vita ho assistito ad un tale massacro del giornalismo, delle norme dettate dal buon senso, ma anche dalla deontologia che dovrebbero regolare l’esercizio di quella professione. Per Mentana le “notizie” vanno date solo se convengono alla sua parte.
Un velo pietoso andrebbe steso sulla sua narrazione della guerra in Ucraina. Non solo a senso unico ma nella quale oggi, con il “senno del poi”, possiamo tranquillamente affermare che non ne abbia imbroccata una.
Guerra in Ucraina narrata con l’abbondante inserimento di “verità”, o mezze, utili per la propaganda antirussa che dilagava. Completamente prono alla versione di Biden. Pressoché latitanti le ragioni della guerra, l’inizio della guerra civile otto anni prima, gli accordi di Minsk, la sanguinosa mattanza operata da Kiev nel Donbass dal 2014 al 2022.
Gli abitanti del Donbass diventavano, per incanto, acerrimi nemici dei russi, mentre abbracciavano amorevolmente quelli che, fino ad allora, li avevano massacrati.
Mentana non è un giornalista, è un politico vero e fatto.
Utilizza il ruolo del giornalista per rendere più credibili le sue opinioni da politico e questo non gli dovrebbe essere consentito.
Dovrebbe candidarsi con quelli che ama e dei quali idolatra il pensiero (Renzi o chi per lui) e abbandonare quella professione che dichiara di svolgere e che, invece, sta umiliando. Non credo di aver conosciuto, nella mia lunga vita (a parte Fede e Vespa) un giornalismo e un giornalista più di parte.
Mentana non narra le notizie. Mentana le sceglie, le monta, le “arricchisce”. Per Mentana i “fatti” coincidono con le sue opinioni. Sempre. È abituato a usare la notizia e l’omissione della stessa, vedi Gaza o la manifestazione per la pace convocata da Giuseppe Conte, per manipolare le coscienze di chi lo segue. Lo ha fatto sempre, dai tempi in cui fu nominato “mitraglietta” da Pansa, tempi di militanza craxiana, e poi con Berlusconi, dirigendo il Tg5.
Il comportamento di Mentana, oltre che essere esempio di cattivo giornalismo, diventa pura scorrettezza, perché approfitta del suo ruolo per fare giungere messaggi di parte, mettendo in atto una squallida manipolazione dell’informazione e, quindi, un sostanziale indirizzo delle opinioni del telespettatore.
Dovrebbe scendere nell’agone politico. Forse migliorerebbe il livello della sua parte politica. Certamente farebbe un favore al giornalismo. Quello vero.
Giancarlo Selmi



