ROMA – Nel primo decennale dall’approvazione dell’Agenda ONU 2030 (settembre 2015) diventa urgente tracciare un bilancio sugli Obiettivi di Sostenibilità indicati nella Carta, in particolare quello al punto 12.3 che prevede di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030.
Mentre a livello globale i dati FAO continuano a indicare un’asticella ancora troppo alta, con oltre 1,5 miliardi di tonnellate di cibo sperperati ogni anno sul pianeta, pari a un terzo del cibo prodotto, l’Italia segna un miglioramento generale ma non adeguato a cogliere il traguardo dei 369,7 grammi di cibo sprecato settimanalmente, obiettivo che il nostro Paese dovrebbe raggiungere entro il 2030.
Lo attestano i dati del nuovo Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International che, in vista del 29 settembre 2025 – 6^ Giornata Internazionale della Consapevolezza delle Perdite e degli Sprechi Alimentari istituita dalle Nazioni Unite – ha monitorato il comportamento degli italiani nel mese di agosto 2025, attraverso l’indagine con metodo CAWI promossa dalla campagna pubblica Spreco Zero con l’Università di Bologna – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari, su monitoraggio Ipsos (campione di 1000 casi rappresentativi della popolazione generale). Ecco i risultati del rapporto: vale 555,8 gr lo spreco settimanale medio in Italia registrato quest’estate, un dato che riferito all’agosto 2024 era di 683 grammi, e che scende in modo significativo nell’area centrale del Paese, diventata la più virtuosa con “soli” 490,6 grammi, mentre a nord si sprecano mediamente 515,2 grammi di cibo ogni 7 giorni, e al sud il dato si impenna con 628,6 grammi a settimana.
Più virtuose le famiglie con figli, che abbassano la soglia di spreco del 17% rispetto alle famiglie senza figli (+ 14 %) e più virtuosi i grandi comuni (-9%) di quelli medi (+ 16%). Nella hit dei cibi sprecati la frutta fresca (22,9 g), la verdura fresca (21,5 g) e il pane (19,5 g), segue l’insalata (18,4 g) e cipolle/tuberi (16,9 g). Spiega il direttore scientifico di Waste Watcher, l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero: «Le pressioni economiche, in particolare l’inflazione che questa estate ha colpito fortemente i generi alimentari (+ 3,7%) possono aver suggerito alle famiglie acquisti più ponderati e una maggiore attenzione alla prevenzione degli sprechi.
L’utilizzo di strumenti semplici e mirati, come la app Sprecometro, strumento di autovalutazione e monitoraggio dello spreco domestico, permette di attivare trasformazioni comportamentali durature, contribuendo a consolidare comportamenti virtuosi: quindi un percorso concreto verso la riduzione del 50% dello spreco alimentare entro il 2030. Trasformazione “strutturale” è anche l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dello spreco: ma un rinnovato senso di giustizia, responsabilità e interconnessione globale.
La sfida dei prossimi anni sarà rafforzare questa tendenza, affinché il traguardo del 2030 non resti un auspicio, ma diventi un risultato condiviso».
Il vicedirettore generale FAO Maurizio Martina, intervenuto all’evento di oggi, ha osservato: «Serve certo maggiore consapevolezza, ma servono anche cambiamenti strutturali nel sistema, oltre che sul piano dell’atteggiamento degli individui.
Nel corso del G20 Agricoltura attraverso il SOFI abbiamo messo in rilievo la strategicità di un lavoro intorno allo spreco ma anche alle perdite alimentari, per intervenire sul tema collegato della prevenzione del rincaro dei prezzi e abbiamo sottolineato quanto sia strategico lavorare sulle infrastrutture di stoccaggio anche nei Paesi più fragili, e sulla catena del freddo.
Un adeguato stoccaggio delle produzioni significa un approvvigionamento costante e stabile, quindi un aiuto alla stabilità dei prezzi e in definitiva alla sicurezza alimentare delle comunità, soprattutto nei Paesi più fragili. In questa direzione deve andare la trasformazione sostenibile ed equa dei mercati alimentari, perché impatta direttamente sulla sicurezza alimentare. Perdite e sprechi alimentari sono due facce della stessa medaglia».
Alla presentazione è intervenuta anche Maria Chiara Gadda, promotrice della Legge 166/2016 che disciplina la donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici per la solidarietà sociale: «sono passati quasi 10 anni dall’approvazione della legge 166 antispreco – ha osservato Gadda – Tanti i risultati positivi Le cose sono migliorate sul piano della maggiore consapevolezza e del migliore rapporto fra le imprese della filiera produttiva che donano e il mondo del volontariato e del terzo settore. Migliaia le tonnellate di cibo recuperate e sono aumentati i luoghi di raccolta delle eccedenze: non solo da parte della grande distribuzione, ma anche delle imprese di produzione, dei mercati rionali, dei grandi eventi E si recuperano in Italia anche i prodotti freschi e freschissimi. Ora si può senz’altro migliorare sul piano della logistica e sostenere questo sforzo anche attraverso nuove misure normative».

