Storia di un aristocratico del ‘400: il whisky (che però ha più antichi natali!)

0
52

Una tra le più nobili ed antiche bevande al mondo

Cominciamo col darvi una notizia che pochi conoscono: questa bevanda conosciuta in tutto il mondo è antichissima come metodologia di produzione, risale infatti al 1000 a.C. ad opera dei popoli della Persia che iniziarono la prima distillazione di soluzioni di erbe. Successivamente i più bravi produttori di distillati divennero gli Arabi che con i loro prodotti alcolici invasero tutto il mondo allora conosciuto.
Ma la prima notizia di un vero e proprio distillato d’orzo germinato, come oggi lo conosciamo, il whisky appunto, apparve per la prima volta solo nel 1494, come citazione (annali di Clonmacnoise, Irlanda) di un prodotto analogo che prima d’allora si chiamava “acquavite”.

C’è un dibattuto sulla “primogenitura” del whisky tra Irlanda e Scozia che non tocca a noi dirimere e su cui non assumiamo posizione alcuna. Pare comunque certo che nel V secolo, negli anni in cui cristianizzarono quelle terre, San Patrizio ed i suoi frati (fra Jhon Cor) distillarono uno dei primi whisky in Europa.

Il termine whisky (plurale whiskies) viene usato per indicare i prodotti distillati in Scozia e Canada, mentre con whiskey (plurale whiskeys) si indicano quelli distillati in Irlanda e negli Stati Uniti, luogo dove più propriamente si usa il termine locale Bourbon whiskey o Tennessee whiskey, o anche Rye whiskey e Corn whiskey. Bourbon, in pratica, è il termine con cui da quelle parti si qualifica il whiskey prodotto per fermentazione e distillazione di granoturco, segale e malto d’orzo e deve il nome alla contea omonima del Kentucky, dove storicamente ne fu iniziata la produzione.

Accordi internazionali riservano l’utilizzo del termine Scotch whisky solo a quelli prodotti in Scozia, obbligando i produttori di altre regioni che utilizzano lo stesso stile di produzione a utilizzare nomi differenti. Analoghe convenzioni sono utilizzate nei confronti del Whiskey irlandese e Canadian whisky. La parola whisky o whiskey è un’anglicizzazione di un termine gaelico.

Il più famoso – a nostro avviso, anche il più buono – resta comunque quello prodotto in Scozia dove esistono tre qualità principali molto diverse: il Single malt, whisky di puro malto ricavato dalla distillazione di solo malto d’orzo (utilizzando alambicco discontinuo), il Blended whisky, ottenuto dalla miscelazione di whisky ricavati da cereali (alambicco continuo) con whisky di malto; e il Single grain, ottenuto dalla distillazione di cereali diversi dall’orzo, come il frumento ed il mais, in impianti a colonna, quindi con una distillazione continua.

Nel 1707 l’Inghilterra invase la Scozia e le tasse su questo prodotto aumentarono notevolmente, cosicché i distillatori divennero clandestini e furono costretti a operare di nascosto, persino nelle foreste. Essi utilizzavano ogni tipo di astuzia per poter lavorare segretamente, pure nascondendo il prodotto sotto il pulpito o nascosto e trasportato nelle bare!

La produzione clandestina avveniva secondo un antichissimo rito vecchio di molte generazioni e si svolgeva in caverne segrete vicino a corsi d’acqua in cui si mettevano i sacchi con i chicchi d’orzo a germinare. Il malto così ottenuto veniva fatto essiccare in un forno aperto, su di un fuoco di torba che lo aromatizzava. Poi, il prodotto, essiccato ed aromatizzato, estratto attraverso la distillazione, lo si faceva invecchiare in botti di quercia.

Nello stesso anno, il 1707, il whisky assunse un ruolo di simbolo della libertà americana nei confronti degli inglesi, in seguito all’inizio del suo contrabbando che durò 150 anni durante i quali veniva prodotto, come dicevamo per l’Inghilterra, anche nelle foreste.

E l’Italia? Anche l’Italia ha avuto la sua piccola parte nella storia del whisky.

Siamo nel 1749 ed un giovane italiano, Giacomo Justerini, si innamora follemente di una cantante d’opera, Margherita Bellino, al punto tale da seguirla fino a Londra.
Purtroppo l’amore non durò molto ma lui – rifacendosi ad antiche ricette di un suo zio altoatesino distillatore di acquaviti – con l’amico George Johnson fece nascere la famosa etichetta J&B Blended Scotch Whisky. “L’altro ieri”, nel 2015, comunque dopo circa 260 anni, anche l’Italia – con la famiglia altoatesina Ebensberger – ha prodotto il suo primo single malto tutto italiano.

Oggi la produzione del whisky è molto simile a quella originaria, sempre con il malto fatto fermentare ed essiccare in forni a torbe; fanno eccezione nuove tecniche e gli strumenti produttivi utilizzati. Al malto essiccato viene aggiunta l’acqua calda, ottenendo un mosto dolce; si passa poi alla distillazione, scartando le teste e le code (impurezze) ed i residui e si conserva solo il “cuore”, ottenendo così il malt whisky base dell’invecchiamento, che fa assumere al distillato quel tipico colore dorato ed ambrato ben conosciuto dagli intenditori.

Come regola generale si può dire che 10 anni sono una buona età per un whisky di puro malto, ma ve ne sono di ottimi anche con qualche anno in meno.

Per essere bevuti tutti i whiskies devono avere almeno 5 anni di invecchiamento, anche se non si può stabilire esattamente quale sia l’età ottimale per questo prodotto a motivo delle tante variabili produttive.. .

Oggi il whisky è il distillato più prodotto e consumato al mondo e il suo mercato è in continua evoluzione (circa un milione di bottiglie l’anno).

Beviamo dunque il nostro “nettare dorato” (con moderazione soggettiva, come in tutte le cose; non bisogna esagerare!), ed apprezziamo il frutto di questa lunga storia produttiva che ne ha affinato metodi e qualità giungendo fino a noi nelle “splendidi condizioni” che il palato goloso conosce bene.

Franco Cortese Notizie in un click