Sud, il divario torna ad aumentare

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vorrei ma non posso, questa potrebbe essere la sintesi del 51mo Rapporto Svimez. “Vorrei” perché grazie agli investimenti del Pnrr, soprattutto legati all’edilizia, anche nel 2024 il Pil del Mezzogiorno è aumentato un po’ di più rispetto al Centro Nord.

“Non posso”, perché i divari – invece – non sono diminuiti ma nel 2025 rischiano di tornare ad aumentare.

Perché? Perché le politiche di austerità che il governo con la manovra sta reintroducendo colpiranno principalmente proprio il Sud. E le avvisaglie di quel che succederà si vedono già quest’anno. La Svimez registra che nelle regioni meridionali “i consumi delle famiglie tornano in negativo nel 2024 (-0,1%, contro +0,3% nel Centro-Nord), frenati dalla crescita dimezzata del reddito disponibile delle famiglie rispetto all’anno scorso (+2,3% nel 2024 contro il +4,5% del 2023)”.

Insomma, nonostante il Pil – benché per uno “0,…” – sia rimasto in territorio positivo, così non è stato per la disponibilità economica dei cittadini e delle cittadine che, invece, è diminuita e anzi si è dimezzata.
La preoccupazione del sindacato

“I dati forniti sul calo dei consumi delle famiglie, sulla riduzione dei salari reali, sullo spopolamento e la fuga dei giovani, sul rallentamento dell’economia in quell’area non possono non allarmare, anche perché tutto questo avrà ricadute pesanti sull’intero Paese”. Così il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari commenta il 51esimo Rapporto Svimez sul Mezzogiorno. A Ferrari fa eco Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp che, intervenendo nel corso della presentazione del Rapporto, ha detto: “Siccome si sta programmando la riduzione degli investimenti ordinari, il rischio è che questa grande mobilitazione di investimenti pubblici nel Mezzogiorno attivati dal Pnrr e dai fondi di coesione anziché aumentare la capacità amministrativa, la qualità e la diffusività, oltre che l’appropriatezza, dei servizi, potrebbe addirittura essere compromessa”.
Lavoro povero

Se il reddito delle famiglie meridionali diminuisce una ragione ci sarà, basta cercarla. È semplice, i salari sono troppo bassi, anzi per effetto dell’inflazione a due cifre, diminuiscono

Leggiamo dalla sintesi del Rapporto: “Tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, i salari reali si sono ridotti del -5,7% al Sud e del -4,5% nel Centro-Nord, rispetto al -1,4% della media dell’eurozona. Un vero e proprio crollo al Sud causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità”. Non solo, ma in questi territori si contano 3 milioni di lavoratori e lavoratrici sotto utilizzati e Sicilia Campania e Calabria sono le regioni con la disoccupazione maggiore.
La grande fuga

Sono 200mila gli uomini e le donne giovani che negli ultimi dieci anni han fatto la valigia e si sono trasferiti al Nord o all’estero. E di questi 140mila erano laureati. È perdita di futuro. Sono talenti che si formano e si perdono, è una società che invecchia, e una popolazione senza bambini e bambine perché i giovani che potrebbero farli nascere non ci sono più. Perché vanno via? Una ragione, tra le altre, è, appunto, che i salari sono troppo bassi: “Dal 2013 le retribuzioni reali lorde per dipendente sono calate di 4 punti percentuali (-8 nel Mezzogiorno), contro una crescita di 6 punti in Germania”.