Sulle cure lo Stato si ritira e lascia spazio alle assicurazioni

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In un Paese che viaggia spedito verso l’invecchiamento, nel quale soltanto tra gli ultrasessantacinquenni ci sono più di 4 milioni di non autosufficienti, è facile immaginare chi ci può guadagnare da una riduzione del peso dello Stato nel socio sanitario: le assicurazioni che da tempo cercano di far decollare le loro polizze “Long Term Care”.

“Non è un caso che la norma in gestazione (vedi articolo a lato, ndr) parta da una richiesta delle Rsa che perdono le cause con i pazienti e le loro famiglie, ai quali devono restituire i soldi. Il problema è che queste Rsa invece di aprire una vertenza con lo Stato e le Regioni sulle rette e gli accordi di convenzione, hanno spinto un’iniziativa che ricade in qualche modo sulle famiglie”, spiega Vittorio Agnoletto, medico, attivista e docente universitario. Dei ricorsi lombardi arrivati in Cassazione, gli ultimi riguardano somme reclamate dalle strutture che vanno da 10mila a 55mila euro, oltre interessi e spese legali in tre gradi di giudizio.

Secondo Agnoletto, “chi ci perderebbe con la nuova norma è chiarissimo, mentre chi ci guadagna, nel senso che spenderebbe meno non coprendo la spesa sociale delle persone ricoverate in Rsa in gravi condizioni, è in prospettiva lo Stato. Poi la norma nell’immediato mette al riparo le Rsa da cause che vengono vinte da persone in condizioni di patologia estremamente grave, perché tutta la retta andrebbe pagata dal Servizio sanitario”.

Più dell’80% delle Rsa in Italia è privato convenzionato e “lo Stato ha da tempo deciso di non gestire questo tipo di problematiche dell’età avanzata, perché il pubblico non gestisce il servizio direttamente”. Non solo: a quanto pare l’Italia ha da tempo iniziato a risparmiare sulla spesa per la non autosufficienza. Secondo il 7° Rapporto Osservatorio Long Term Care (Ltc) del Cergas Bocconi, pubblicato nei giorni scorsi, la spesa pubblica complessiva per l’assistenza ai malati non autosufficienti è stata di circa 33 miliardi di euro nel 2023, l’1,6% del Pil. L’81% rappresenta la componente sanitaria della spesa e le indennità di accompagnamento, mentre il restante 19% sono le altre prestazioni assistenziali. Infine, la quota erogata agli ultra 65enni è il 74,1%, cioè circa 25 miliardi.

Ebbene, “osservando il trend dal 2018 al 2023 si rileva come la spesa in rapporto al Pil abbia un andamento altalenante ma mostri, a partire dal 2020 in poi, un importante trend di contrazione che deve essere considerato anche rispetto alla differenza tra valori nominali e reali – si legge nel rapporto, che cita dati della Ragioneria dello Stato – Non solo si riduce la percentuale in rapporto al Pil, ma anche il Pil si riduce negli anni e aumenta l’inflazione, con l’effetto che la spesa pubblica Ltc reale per cittadini ultra 65enni sia in un trend di importante riduzione”.

Gaia Scacciavillani