Palazzo Chigi e Quirinale correggono lo scivolone del Parlamento che, con una norma a sorpresa non concertata con il Premier, aveva stabilito di derogare, ossia di non rendere più applicabile il tetto o limite massimale agli stipendi di maggiore entità riconosciuti ad alcuni dirigenti pubblici di livello apicale
Tale deroga o eccezione era stata approvata dal Senato a titolo di emendamento all’interno del disegno di legge di conversione del decreto aiuti bis, che mette a disposizione una dote non a debito di 17 miliardi di euro per il sostegno a famiglie e imprese più colpite dalle conseguenze della guerra russa in Ucraina e dei rincari energetici e alimentari. Il tentativo di “colpo di mano” a palazzo Madama – che avrebbe ricevuto l’avallo non di Draghi ma dei rappresentanti del ministero dell’economia e delle finanze – avrebbe determinato il superamento della legge “Madia” (dal nome della Ministra della pubblica amministrazione del governo Renzi che introdusse il tetto) e comportato una spesa annua addizionale di 25 milioni di euro, risorse oggi molto preziose per integrare i capitoli di intervento con i quali alleviare il disagio delle categorie in maggiore sofferenza.
Il governo Draghi – recependo fra l’altro anche il pressing del Presidente Mattarella che avrebbe espresso contrarietà a fare lievitare gli stipendi pubblici più alti in un momento di massima crisi economica e sociale – ha pertanto fatto approvare un “contro emendamento”, cioè una norma correttiva che ripristina il limite massimale dei 240.000 euro annui per le figure dirigenziali apicali della pubblica amministrazione e che entrerà a fare parte della legge di conversione del decreto Aiuti attraverso i tre restanti passaggi parlamentari prima del voto del 25 settembre per il rinnovo di Montecitorio e palazzo Madama.
Rimane comunque il giallo sulla mano che avrebbe cercato di fare saltare il tetto ai super emolumenti, in un contesto macroeconomico in cui gli stipendi ordinari degli italiani medi non crescono più da trent’anni, in termini di potere reale d’acquisto, e le pensioni vengono indicizzate a singhiozzo.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




