Fondi elargiti agli amici di sempre, dall’Aci del futuro presidente Geronimo La Russa fino all’immancabile Sport e salute, società sempre più a trazione meloniana, che addirittura può finanziare i «concorsi a pronostici sportivi»
Benvenuti nell’ultima puntata del caos manovra, ennesimo esercizio di dilettantismo del governo Meloni. La strategia del diversivo sull’oro della Banca d’Italia non funziona più di fronte ai fatti. Una situazione grottesca con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, costretto ad affrontare la questione con la presidente della Bce, Christine Lagarde. Ed esprimendo soddisfazione ammette che l’emendamento-Malan «ha un effetto simbolico» per quanto ritenuto «fondamentale».
Nel frattempo, si accumulano ritardi: prima di lunedì non si inizieranno le votazioni in commissioni Bilancio al Senato. Tutti contro tutti.
La valanga di emendamenti di governo ha prodotto un ulteriore ingarbugliamento. Anche perché la maggioranza ha usato uno strumento “al limite” per rattoppare i temi più delicati, come il rifinanziamento dei fondi per l’editoria, e lo stop all’aumento della cedolare secca per gli affitti brevi.
Al di fuori del tecnicismo, sono stati presi emendamenti già presentati dai senatori e ribaltati a proprio piacimento dal governo. A cercare di mettere ordine nel marasma è stato il sottosegretario all’Economia, Federico Freni. Missione impossibile.
La tensione è molto alta e la riduzione di 20 milioni di euro alle tv locali, per destinarli al fondo dell’editoria, ha creato spaccature nel governo. Il ministero delle Imprese e del made in Italy, guidato da Adolfo Urso, ha fatto trapelare la netta contrarietà rispetto alla misura. Il Mimit «ha espresso da sempre la propria ferma contrarietà alla proposta ritenendo il taglio intollerabile» ed «è stata ribadita anche nelle scorse ore, in sede di riformulazione dell’emendamento». Urso non è comunque solo.
Fratelli d’Italia ha bocciato l’iniziativa, che però è stata inserita nel testo dallo stesso governo. «L’emittenza radiofonica e televisiva locale, rappresenta un pilastro fondamentale del pluralismo informativo e della vita democratica dei territori», ha detto Nicola Calandrini, senatore di FdI e presidente della commissione Bilancio a palazzo Madama.
La battaglia si sposta sui subemendamenti: la maggioranza potrebbe correggere la misura, ma lasciando scoperto di 20 milioni di euro l’aumento del fondo. La coperta è corta. Cortissima. Non va meglio sulla Rai: il consiglio di amministrazione, espressione della destra, ha manifestato «preoccupazione per il taglio finanziario (10 milioni all’anno, ndr)» che può avere ripercussioni soprattutto sui «grandi eventi».
I cahiers de doléances continuano su altri fronti. Nemmeno la riduzione del taglio, da 150 a 90 milioni di euro, al settore audiovisivo è stata accolta con particolare giubilo. I problemi restano. Così come la drastica diminuzione degli stanziamenti al fondo per il cinema.
«Le risorse che sono state parzialmente trovate (60 milioni di euro, ndr) non sono sufficienti, ma non è mai stato questo il vero problema. Bisognerà vedere quale azienda seria deciderà di rimanere a lavorare in Italia», ha sottolineato l’Anica.
La preoccupazione è legata alla mancata risposta sulle proroghe all’attuale sistema. Insomma, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, non è riuscito a silenziare i malumori.
Stefano Iannaccone



