Tante promesse, ma in pensione si va sempre più tardi

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Il governo lo aveva promesso: dal 1° gennaio del 2027 non ci sarà alcun incremento dell’età pensionabile dovuto all’allungamento dell’aspettativa di vita. Eppure, a sei mesi di distanza, del provvedimento necessario per sterilizzare questo automatismo non c’è ancora alcuna traccia. Era stata la Cgil, come si ricorderà, a denunciare l’aumento dei requisiti pensionistici su tutti i programmi gestionali dell’Inps che è stata costretta a fare marcia indietro.

Ma poi, appunto, nulla. Per ora rimangono solo parole, le stesse con le quali in campagna elettorale il governo aveva promesso di cancellare la legge Fornero, mentre ha finito per svuotare progressivamente anche i timidi meccanismi di uscita anticipata che erano stati successivamente introdotti.
In pensione sempre più tardi

Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil, spiega cosa accadrà alle pensioni in assenza di interventi: “L’incremento di tre mesi nei requisiti porterebbe l’accesso alla pensione anticipata a 43 anni e 1 mese di contributi (42 e 1 mese per le donne), e quello per la pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi, nonostante esso sia già oggi uno dei più alti in Europa, insieme a Danimarca e Grecia”.

Per il sindacalista si tratta di “un’operazione che avrebbe ricadute pesantissime per tutti, anche per chi ha già lasciato il lavoro ed è privo di tutele, come i titolari di strumenti di accompagnamento alla pensione. Come Cgil abbiamo denunciato il rischio concreto di una nuova ondata di esodati: secondo le nostre stime, circa 44.000 persone già fuori dal mercato del lavoro rischiano di non maturare più, o di ritardare significativamente, il diritto alla pensione. Altro che regole certe”.
Pensioni sempre più basse

Ma non c’è solo questo a pesare sul futuro previdenziale degli italiani. Mentre le uscite si riducono, come dimostrano i dati inps dell’ultimo monitoraggio dei primi 6 mesi di pensione nel 2025 e si irrigidiscono i requisiti, “negli ultimi anni – attacca Cigna i coefficienti di trasformazione sono progressivamente diminuiti, determinando un abbassamento costante degli importi delle pensioni. Oggi si va in pensione più tardi e con assegni sempre più poveri. Il rischio è quello di trovarci, nel prossimo futuro, di fronte a un’emergenza sociale legata all’inadeguatezza delle pensioni”.