A grande richiesta provo a spiegare la differenza.
Il test sierologico misura gli anticorpi che il nostro sistema immunitario produce quando incontra il virus. La produzione non è immediata, ci vuole qualche giorno e la quantità di anticorpi prodotti varia da persona a persona.
Se faccio il test e sono negativa, può significare che: sono un falso negativo (ho il virus ma il test ha sbagliato, succede circa 1 volta su 20 o a seconda del test su 10); che ho il virus ma non ancora gli anticorpi; che ho avuto il virus ma non ho più gli anticorpi; che non ho il virus. Se faccio il test e sono positiva, può significare che: sono un falso positivo (mai visto il virus); sono stata in contatto con il virus e potrei averlo ancora o essere guarita. In caso di positività, si fa comunque il tampone. A livello individuale, fare questo test ha poco senso (lo abbiamo ripetuto per mesi) mentre a livello di indagine epidemiologica è utile.
I test rapidi invece servono a sostituire il tampone, vedono cioè se il virus c’è o non c’è. Alcuni funzionano “leggendo” il materiale genetico del virus (come il tampone ma più rapidamente) altri riconoscendo le proteine virali (come i test di gravidanza). Questi test potrebbero essere usati sui casi sospetti, sui contatti stretti, o con, una strategia da definire, anche regolarmente sui docenti per identificare immediatamente i contagiati. Ma perché possano essere utilizzati, dobbiamo essere sicuri che funzionino bene. Serve quindi validarli, confrontandoli con il metodo classico del tampone.
Quindi far fare il test sierologico agli insegnanti significa solo dare l’impressione di voler fare qualcosa di utile. Per fare qualcosa di veramente utile invece bisogna correre con la validazione dei test rapidi per il virus.


