E’ uscito nelle librerie, per Chiarelettere, una riedizione di Storia di una passione politica. Il libro, come scrive Dacia Maraini nella sua prefazione, è “Un ritratto di Tina Anselmi a tutto tondo, che emerge dalle sue stesse parole, raccolte da Anna Vinci con un lavoro fatto con cura, delicatezza e amore, e durato anni
” Un libro denso e appassionato. Con la scrittrice Anna Vinci, in questa intervista, approfondiamo alcuni aspetti della figura di Tina Anselmi. Figura che sarà ricordata, nel giorno che commemora la Liberazione dal Nazifascismo, dalla Rai domani sera, in prima serata, con il film-tv “Una vita per la democrazia” diretto da Luciano Manuzzi, con l’attrice Sarah Felberbaum che interpreta proprio Tina Anselmi.
Avevi scritto una seconda opera, sempre per Chiarelettere, su Tina Anselmi (LA P2 NEI DIARI SEGRETI DI TINA ANSELMI). Ti chiedo come nasce questo tuo interesse per la figura dell’Anselmi (da te conosciuta bene)?
L’interesse per Tina Anselmi, credo che sia comune a molte cittadine e cittadini. Anche negli anni trascorsi dal 2002 quando ho realizzato il mio primo documentario su Tina, e lei viveva prevalentemente a Castelfranco, e si dedicava ad andare nelle scuole a parlare con i giovani, a incontri con i cittadini, appartata sulla scena politica parlamentare, ma mai avulsa dall’impegno civile, e anche dopo la sua morte nel 2016, ebbene l’interesse per Tina non è mai scemato. È rimasta viva nell’immaginario collettivo, figura coerente, appassionata, donna di raro spessore e potere che ha attraversato e ha dato una forte impronta alla Storia d’Italia, del secondo Novecento.
È normale che avendola io già conosciuta per lavoro fin dalla fine degli anni Settanta, seguendo il suo lavoro politico, come tanti giornalisti, quando ho avuto l’occasione di ‘avvicinarmi’ a lei per un lavoro più complesso come appunto un documentario, sia poi restata, grazie alla disponibilità mostrata nei miei confronti, legata alle sue vicende e da qui il primo libro e poi di seguito altri incontri e altro studio e approfondimento da parte mia, con molto interesse professionale.
E mano a mano, anche umano, creandosi una certa confidenza e posso azzardare affetto tra di noi. Per la seconda domanda insita nella prima, riguardo al secondo libro, rispondo con le parole di Tina, per spiegare il valore del suo diario segreto [redatto durante i lavori della Commissione sulla P2 n.d.r] a me poi consegnato e divenuto libro: “Ho scritto tante cose su quei foglietti. Ne ho ancora molti. Li tengo da parte, perché ci sono pensieri che mi hanno confortato all’epoca, mi hanno aiutata ad andare avanti. Uno di questi pensieri è: «La verità possono cercarla solo quelli che hanno la capacità di sopportarla”. […]
Sono passati tanti anni da quei giorni Ma siamo così sicuri che dell’azione piduista, che costituì un motivo di minaccia per la nostra democrazia, non resti più nulla? […] Lo so, già sento i commenti: ancora l’Anselmi. Ancora parla di fatti di oltre vent’anni fa? Ma non stava male?
Non c’è di peggio, in democrazia, che gettare il ridicolo sulla ricerca di verità e di coerenza. Abituare i cittadini a questo gioco al massacro. Spostare le carte in continuazione. Ma le carte parlano. E allora, ecco ancora un’interpretazione denigratoria: parlano perché i giudici sono di parte, parlano perché i giornalisti sono faziosi, parlano perché i politici sono pessimisti, peggio iettatori. Parlano perché sono i foglietti di una fissata, per di più vecchia e un po’ acciaccata”.
La forza che emerge da questo diario è la capacità di Tina di non tirarsi indietro, non temeva quello che avrebbe scoperto: la presenza dei servizi nelle vicende più oscure e insanguinate della vita della nostra Repubblica. Servizi che lei nella relazione conclusiva della relazione sul lavoro svolto dalla Commissione, dalla fine del 1981 ad agosto del 1984, definiva Servizi Devianti.
Dando un maggiore valore al loro ruolo, un ruolo che rendeva più difficile portare a galla la verità, scoperchiare quella che lei chiamava l’altra faccia della luna della nostra Storia.


