TORINO SFRATTATA DAL TRIANGOLO INDUSTRIALE

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La Cgia di Mestre, confederazione delle PMI artigiane di Venezia, molto conosciuta per l’efficacia del proprio ufficio studi divenuto un modello di riferimento anche per la politica nazionale, ha scattato una fotografia dal cui fermo immagine emerge una configurazione geometrica che sempre triangolo è, con il vertice a Nord, ma con le prime due punte spostate a Est e quindi affacciate non più sul mar Ligure bensì sull’Adriatico

Un andamento certificato altresì dalle sopraggiunte traiettorie relative al traffico dei tir misurato dai caselli autostradali: il numero di mezzi pesanti, per il trasporto commerciale, accertato lungo il tragitto di collegamento fra Brescia e Padova, risulta essere praticamente doppio di quello che emerge dalle analoghe rilevazioni svolte sulla storica Torino Milano, settant’anni fa tragitto obbligato per cogliere le grandi opportunità del triangolo industriale alla base del primo e del secondo miracolo economico Italiano.

Dunque, Torino e Genova, e con esse gran parte del Piemonte e della Liguria, sono state sfrattate dalla geografia del prodotto interno lordo, finendo con lo svolgere, in molti settori un tempo fondamentali, un ruolo “ancellare” e subalterno nei confronti dei distretti di nuova leadership.

Lombardia e Nord Est hanno generato, nel corso del 2022, un valore aggiunto addirittura superiore a 883 miliardi di euro, una quota corrispondente a oltre il 46 per cento dell’intero reddito nazionale.

Sul totale aggregato macroregionale, il Veneto – che svolge nel rinnovato triangolo industriale il ruolo che in quello storico era svolto dal Piemonte – ha contribuito per 180 miliardi di euro: un risultato che si caratterizza per una significativa incidenza della componente costituita dalle esportazioni, del valore di circa 82 miliardi.

Un record che vanta un doppio peso specifico se lo si relaziona a una carenza cronica e protratta di infrastrutture fisiche testimoniata dalla circostanza che la Regione madrina del Nord Est non è raggiunta da alcuna linea ferroviaria né ad alta velocità né ad alta capacità, se si considerano i 30 chilometri scarsi della Mestre Padova e se verrà tenuta fede al cronoprogramma che, in connessione naturalmente con gli investimenti annessi ai giochi olimpici di Milano Cortina, prevede l’apertura entro il 2024 della tratta Brescia Verona ed entro il successivo 2026 – in tempo utile per l’accensione della torcia del tedoforo – del tratto conseguente dalla città scaligera a Vicenza.

Scadenze che appaiono molto diverse da quelle di cui da qualche tempo si sta parlando a proposito della connessione TAV fra Torino e Lione, che in maniera potremmo dire ottimistica – soprattutto in ragione del dibattito avviato in Francia – dovrebbe entrare in esercizio solo a decorrere dal 2033: dovrebbe, condizionale d’obbligo, qualora non fossero portate ulteriormente avanti e alle estreme conseguenze quelle che, al netto delle smentite di rito, si confermano essere le perplessità di fondo nutrire dal Governo d’oltralpe nei confronti dell’utilità della ferrovia destinata, sul fronte italiano e piemontese, a modificare strutturalmente gli assetti logistici e funzionali della valle di Susa.

La sfortuna del Nord Ovest, da questa critica angolazione, è di confinare con una Nazione, la Francia, il cui Governo, alle dipendenze del Presidente Emmanuel Macron, non ha inserito fra le proprie priorità nessun investimento volto a potenziare le reti di connettività frontaliera su ferrovia così come anche su strada, come purtroppo dimostra la vicenda, a sud di Torino, della provincia di Cuneo i cui amministratori locali a ridosso della linea d’oltralpe sono alle prese con i ritardi legati al raddoppio del tunnel del Tenda e ai lavori di adeguamento e messa in sicurezza della prima galleria.
Con il rischio che il triangolo finisca con il ridursi a una riga tracciata di incognite sul futuro di intere comunità territoriali.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI