Jack Halberstam
Trans*
Un saggio insolito sulla variabilità di genere
Traduzione di Alberto Milazzo York
224 pagine illustrate, 16 euro
In uscita il 31 Marzo 2023.
Collana Odoya OFF
Un nome da non perdere di vista quello di Jack Halberstam, saggista e attivista che insegna alla Coloumbia University (New York), diventato noto in Italia dopo la pubblicazione del suo terzo saggio in traduzione: L’arte queer del fallimento (Minimum Fax 2021).
Lo troviamo qui alle prese con un tema che gli sta molto a cuore e con una proposta terminologica forte, Halberstam è anche direttore dell’ Institute for Research on Women, Gender e Sexuality (sempre Columbia University).
Oggi che le persone trans* vanno di moda (a detta dell’autore) è forse il momento di approfondire le dinamiche sociali degli ultimi decenni. Per prima cosa si parla di nomi: dall’offensivo “invertiti” degli anni 50 (parliamo di USA, ma il concetto era simile anche in Europa) si è passati a “zone innominabili di embodiment” per poi approdare a nomi che la comunità trans* stessa ha proposto e lottato per ottenere.
Negli anni Novanta si procedeva con la riappropriazione di termini come tranny, con fare provocatorio, oggi le giovani persone trans* rivendicano di non essere chiamat* con nomignoli che risultino antiquati, ma di avere un riconoscimento nei pronomi (per esempio si usa il plurale They negli States) e nei nomi.
La proposta del termine trans* con l’asterisco viene spiegata come un’esigenza di “aprire questo termine a nuove categorie” e forme di variabilità che non funzionino come gabbie di genere. L’identità trans* risulta così non destinata ad assumere una “forma finale”: sono solo le persone trans* a decidere le proprie categorizzazioni. L’autore si addentra inoltre in una serie di concetti e di fenomeni come i bimbi trans* nella loro differente accezione. Un tempo esistevano i child delle drag queen cis e transgender che formavano entità assimilabili a gruppi supportivi simili a famiglie chiamati a volte Case nella terminologia dei Ball.
Spesso questi “figli” erano connotati anche per estrazione di classe e razziale: nelle nuove famiglie cercavano la protezione anche economica che le famiglie di provenienza non volevano più fornire loro (o che loro non riconoscevano più).
Oggi i figli trans* di famiglie bianche e benestanti sono trattati come un sintomo dell’apertura mentale dei genitori e creano movimenti di opinione volti a creare spazi di agency per queste figure “nominate” solo a partire dagli anni Novanta. Halberstam affronta anche la fondamentale tematica di cosa sia un corpo trans* e come intervengano sia la chirurgia che i farmaci.
Questi corpi comprendono spesso un flusso di ormoni, pillole di vario genere e mutano la propria forma, l’autore quindi li concepisce come corpi fluidi (con Deleuze) più che come un insieme rigido di parti teorizzato da Freud.
Per spiegarsi l’autore utilizza anche esempi pop come David Bowie e Prince e poi i filosofi Judith Butler e Michael Foucault. Si sofferma su decine di rappresentazioni cinematografiche per perimetrare la percezione delle persone trans* nella società (da Tomboy a Lego Movie, da Boy Don’t Cry all’iraniano Unveiled) per completare un quadro comunque in divenire, ma sul quale si stanno diradando un pochino le nebbie anche grazie a importanti pubblicazioni come questa.



