Treni in panne: Salvini e l’antica arte di non metterci la faccia

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Matteo Salvini, l’uomo che ci mette la faccia – ovunque, nelle piazze elettorali, al citofono coi drogati, a Roma e a Lampedusa, a San Lorenzo e a Pontida, in ogni luogo dove un immigrato delinque o una rom incinta scippa – la faccia preferisce preservarla quando a fare crash sono le sue dirette competenze, e nello specifico i treni in orario, mitologico riferimento del “quando c’era lui”. Ieri tra Stazione Termini e Tiburtina alle 6.30 del mattino si è fermato tutto e il caos conseguente si è diffuso come un virus bloccando i passeggeri a Firenze, Milano, Napoli, Bari, cento treni cancellati, ritardi fino a quattro ore per decine di altri convogli.

Mica solo i treni. In tilt pure i tabelloni elettronici della principale stazione romana, in tilt ogni comunicazione al pubblico inferocito, e altri micro-tilt locali sovrapposti al tilt principale della Capitale. Pisa – Roma, guasto alla linea, ritardi vari. Bologna – Ancona, guasto alla linea, ritardi di un’ora. Paola – Salerno, manutenzione, ritardi fino a 120 minuti. Roma Casilina, guai tecnici, ritardi assortiti e intercity notturni per Siracusa, Palermo, Messina, tutti dirottati su linee alternative.

Vedere un ministro metterci la faccia sarebbe stato bello, e c’era pure l’occasione: l’evento di presentazione del nuovo brand regionale di Ferrovie dello Stato, a Roma, con conferenza stampa annunciata da giorni: domande, risposte, spiegazioni. Ma il mettofaccismo di lotta e di governo stavolta non è scattato. Incontro disertato con generiche scuse

. A seguire, e quasi in contemporanea: post social di Salvini sulla Festa dei Nonni con foto d’epoca dall’album di famiglia e frase di riconoscenza e affetto. Valanga di prese in giro social della serie: quando ha un attimo di tempo, può andare a vedere che succede ai treni? Opposizioni che pretendono un immediato intervento in aula. Richiesta di dimissioni. Lega che incalza Ferrovie e Trenitalia perché riferiscano in Commissione, con l’ovvio intento di indirizzare altrove la caccia al colpevole.

Solo a metà pomeriggio, ore 16.50, si manifesta il ministro: «Un’impresa privata ha fatto male il suo lavoro, qualcuno ha piantato un chiodo nel punto sbagliato. Ho chiesto di capire di chi si tratti perché è inaccettabile quello che è accaduto». Amen.

Flavia Perina