Ogni volta che sentiamo notizia di un femminicidio, dobbiamo ricordarci che, quasi sempre, in una tale tragedia sono coinvolti anche dei minori, i così detti orfani speciali, figli e figlie delle vittime, che oltre a perdere una madre, perdono anche un padre violento.
Il prezioso lavoro dei mezzi di informazione, che sempre di più pongono l’attenzione mediatica sull’emergenza della violenza contro le donne, però non può ignorare l’esistenza di questi bambini e queste bambine che hanno diritto di essere tutelati anche attraverso un’informazione corretta e rispettosa di un trauma inimmaginabile ed estremamente difficile da superare.
Dopo l’intervista andata in onda ieri sera nel programma “Chi l’ha visto”, a Salvatore Parolisi, condannato in via definitiva per l’uccisione della moglie Melania Rea nel 2015, la rete del progetto Respiro – un progetto che lavora proprio per prendere in carico gli orfani di femminicidio e i famigliari che se ne prendono cura e per garantire che ricevano supporto psicosociale, legale ed economico – ha ritenuto doveroso rivolgersi alla conduzione del programma, per chiedere spiegazioni circa l’intenzione di un’intervista che non tiene minimamente conto della possibilità che anche la minore coinvolta in questa vicenda (la figlia) potesse vedere questa intervista, dove tutto si gioca nel racconto di tradimenti, mancate relazioni sessuali, “diritti del maschio” nei confronti della femmina, dove l’intervistato si racconta come una vittima.
La pubblicazione di questo contenuto che oggi imperversa sui social media, non ha preso minimamente in considerazione il punto di vista dei bambini e delle bambine, e non rispetta in alcun modo il dolore della famiglia coinvolta, alimentando invece la visione machista per cui sono le donne uccise ad essere in qualche modo responsabili di ciò che è successo.
Terre des Hommes Italia da sempre pone al centro della sua mission la protezione dell’infanzia, da ogni forma di violenza, anche quella mediatica. La Fondazione è partner del progetto RESPIRO, che vuole lavorare anche con i comunicatori per sensibilizzare sulle modalità più corrette per informare tutelando i diritti dei minori, perché gli orfani dei femminicidi e dei crimini domestici non si meritano tutto ciò.



