Ad alimentare ulteriormente i toni da falco ha pensato la Reserve Bank of Australia, alzando in settimana i tassi per il nono meeting consecutivo, di 25 bp al 3.35% con un messaggio alquanto aggressivo
Secondo la banca centrale saranno necessari ulteriori rialzi nei prossimi mesi, affermando che sarà fatto tutto il necessario per raggiungere il target di inflazione e che la forte domanda domestica sta alimentando le pressioni inflazionistiche.
L’ultima notizia che sta provocando una fiammata di volatilità sui mercati proviene dal Giappone: dopo il rifiuto di Amamiya sarà incaricato di ricoprire il ruolo di Governatore della BoJ il professor Kazuo Ueda, primo economista accademico nella storia ad essere nominato.
L’immediata reazione dello Yen, apprezzatosi contro dollaro di oltre 1.5%, e la salita del rendimento a 10 anni del JGB a 0.5% (tasso a cui la banca centrale ha fissato il cap) hanno fatto subito pensare che gli investitori abbiano visto la mossa come estremamente “hawkish”, anche sulla base di precedenti dichiarazioni rilasciate dall’interessato negli anni scorsi.
Questa decisione (il precedente candidato era visto molto più in linea con le posizioni del predecessore Kuroda) potrebbe avere grosse ripercussioni sul mercato globale dei tassi e portare elevata volatilità anche su quelli valutari. Enormi flussi esteri dei residenti potrebbero invertire rotta per tornare su investimenti in valuta nipponica una volta che la BoJ abbia iniziato a seguire le mosse di tutte le atre banche centrali mondiali per combattere l’inflazione. Sarà quindi cruciale capire se il successore manterrà la politica monetaria accomodante del suo predecessore che include la politica di controllo della curva dei rendimenti (cd Yield curve control – YCC).
Ma le pressioni sui tassi (collegate alle attese inflazionistiche) provengono anche da altre parti del globo dopo che la Russia ha annunciato di pianificare un taglio della produzione di petrolio in marzo di 500.000 barili al giorno, in risposta anche al price cap imposto dai paesi occidentali: il greggio è scattato in avanti (oltre 8% il bilancio settimanale) alimentando ulteriori pressioni inflazionistiche.



