Un po’ Peppone, un po’ don Camillo

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Singolare assai che Pierferdinando Casini – un democristiano di popolo – vada a candidarsi nuovamente sotto le insegne Ztl del Pd che tutto è tranne che popolo.

E singolare assai, per giunta, che si paracaduti su Bologna, la sua città, dove comunque negli anni lui è stato peste e corna di tutti i capi-caseggiato del centralismo democratico per i quali la Madonna di San Luca viene dopo, ma molto dopo, i tortellini delle Feste dell’Unità. Peppone dalla sua nuvoletta non si capacita di dover far votare per lui, mentre Don Camillo – dalla sua – si rimbocca le maniche della tonaca e agita il randello nodoso ringhiando non poco.

Quel ritrovarsi a sinistra di Pierferdinando per abbandonare il proprio elettorato, insomma, lascia perplesso l’intero Mondo Piccolo ma una spiegazione alla fine c’è. I trinariciuti di Bologna – nonostante siano alleati con i Nicola Fratoianni e i Roberto Speranza – devono votare ancora una volta un democristiano di destra, già vice di Silvio Berlusconi.

Uno scherzo da prete come pochi. Come neanche i gesuiti della sinistra Dc saprebbero mai architettare. Birba di un sagrista qual è, Casini sta fregando i rossi per la seconda volta: un seggio a Bologna – si sa – val bene un tortellino.

Pietrangelo Buttafuoco