VERONA – Dall’osservazione e dallo studio delle tombe vescovili e delle importanti reliquie che in essa sono conservate, si ritiene che la prima cattedrale di Verona sia stata l’antica chiesa di Santo Stefano
Secondo la tesi più accreditata essa fu costruita intorno al 450 d.C.; secondo altri nel 489 ad opera del re degli Ostrogoti Teodorico, che aveva invaso l’Italia sollecitato dall’imperatore d’Oriente Zenone. Verona divenne da allora un centro militare molto importante. L’edificio primitivo sorse lungo l’Adige su di un cimitero, ed oggi è uno dei più antichi della città; fu una delle poche chiese a non essere gravemente danneggiata durante il terremoto del 1117.
Francamente tra le varie fonti consultate – tutte a nostro avviso degne di attenzione e credibili – abbiamo trovato alcune differenze che anche voi riscontrerete se farete delle ricerche – così come a proposito di San Zeno –, ovvero spiegazioni che pur avvicinandosi non corrispondono tra loro; ce ne scusiamo, dichiarando la nostra incolpevolezza, avendo riportato, senza confutarle né avallarle, notizie provenienti da fonti così diverse.
Ad esempio, per altri la cattedrale ha un’altra storia. La prima sede vescovile (e cattedrale) ebbe luogo in San Procolo, a sua volta costruita su una necropoli paleocristiana, dove si dice che il vescovo San Procolo sia stato sepolto. In questa chiesa sono stati sepolti i primi 6 vescovi di Verona; solo successivamente (415 – 450 o 459?) la sede vescovile venne trasferita nella chiesa di Santo Stefano fino a quando non venne costruita la definitiva Santa Maria Matricolare.
Di seguito una sintesi degli avvenimenti storici, architettoni e religiosi intorno ad essa.
Il Duomo, il cui nome ufficiale è cattedrale di Santa Maria Assunta, conosciuta anche come Santa Maria Matricolare al pari dell’antica chiesa paleocristiana, è il principale luogo di culto cattolico della città di Verona, chiesa madre dell’omonima diocesi e monumento nazionale italiano. Fa parte di un complesso architettonico articolato, che comprende anche il palazzo del Vescovado, il chiostro dei Canonici, la Biblioteca Capitolare, il Battistero di San Giovanni in Fonte e la chiesa di Sant’Elena, questi ultimi due collegati al duomo tramite il porticato di Santa Maria Matricolare.
La prima basilica fu costruita sull’area occupata oggi dalla chiesa di Sant’Elena, nel IV secolo circa, ma risultò ben presto troppo piccola, e qualche decennio più tardi venne edificata una struttura più grande. Tracce di queste due basiliche paleocristiane sono visibili ancora oggi – come preciseremo più avanti – sotto la chiesa di Sant’Elena e nel Chiostro Canonicale.
Nello specifico, Verona agli inizi del IV secolo ebbe una forte spinta alla cristianizzazione; nella prima metà del secolo venne eretto il primo edificio di culto della città (chiesa A: 17x38m ca., a 3 navate) che sostituì un tempio dedicato a Minerva. In particolare, nella seconda metà dello stesso secolo (sotto l’episcopato di san Zeno), per dotarlo di riscaldamento, nella piccola basilica venne sopraelevata la pavimentazione, decorata poi con eleganti mosaici.
E’ stata anche ipotizzata l’esistenza di una seconda chiesa gemella, posta a meridione della chiesa A, proprio sul terreno in cui oggi insiste la Cattedrale: si sarebbe potuto trattare quindi di un complesso paleocristiano “a cattedrale doppia”, la cui esistenza è stata documentata.
Poi, nella seconda metà del V secolo, venne edificata una seconda basilica di maggiori dimensioni (chiesa B), di cui rimangono resti archeologici nel chiostro dei Canonici e ancora nella chiesa di Sant’Elena; fatto che comportò la parziale demolizione della precedente chiesa A.
Il nuovo edificio, più grande, di 29×73m, era sempre a tre navate con un’unica abside centrale; anche questo aveva un pavimento riccamente decorato da mosaici ed era caratterizzato da un presbiterio rialzato.
Successivamente, nell’VIII, secolo la chiesa B fu interessata da un incendio (o forse da un terremoto) e perciò abbandonata, nacque quindi una nuova Cattedrale dedicata a santa Maria Matricolare, iniziata dal vescovo Annone (primo vescovo veronese, qui sepolto) e conclusa dal suo successore Ratoldo.
Quello che era rimasto dell’antica basilica venne comunque recuperato a nuova chiesa, inizialmente dedicata ai Santi Giorgio e Zeno e oggi conosciuta con il nome di Sant’Elena, voluta dall’arcidiacono Pacifico e consacrata tra l’842 e l’847 dal patriarca di Aquileia Andrea.
Nella prima metà del IX secolo – su commissione del vescovo Ratoldo e dell’arcidiacono Pacifico – il complesso venne ancora modificato. Di questa “ricostruzione” non rimane quasi nulla, in quanto Verona, come detto, venne colpita dal catastrofico terremoto del 1117, che causò gravi danni anche al complesso della cattedrale, cui seguì una riconfigurazione in forme romaniche dei vari edifici che lo componevano.
Nel corso dei secoli successivi la basilica subì diversi danni per colpa di terremoti e violenti incendi che portarono anche al crollo del complesso. L’ennesima ricostruzione della cattedrale iniziò nel XII secolo e i lavori proseguirono per diversi decenni raggiungendo le dimensioni dell’edificio attuale, consacrato il 13 settembre 1187 dal pontefice Urbano III.
Il chiostro canonicale, probabilmente già come oggi lo ammiriamo, è citato nei documenti a partire dal 1123; la ricostruzione del Battistero di San Giovanni in Fonte, voluta dal vescovo Bernardo, è sempre del 1123; la ricostruzione di Sant’Elena avvenne negli stessi anni, in quanto venne consacrata nel 1140 dal patriarca di Aquileia, Pellegrino.
La cattedrale, dicevamo, venne ricostruita in stile romanico a partire dal 1120. Il progettista dell’opera non è noto, tuttavia si sa di alcune maestranze, in particolare di Niccolò – che nel 1139 realizzò il portale d’ingresso a doppio protiro, identificato grazie all’iscrizione presente sul coronamento: “Arteficem gnarum qui sculpserit hec Nicolaum hunc cuncurrentes laudant per secula gentes” – e di un certo maestro Pelegrinus, la cui firma è incisa su un arco raffigurante Cristo tra i Santi Pietro e Paolo, oggi conservato presso il museo di Castelvecchio.
Per la cattedrale di Verona, intorno al 1139, Niccolò (o Nicolò, Nicolao) realizzò questo protiro su due piani, simile a quello della cattedrale di Ferrara. Sulla lunetta di san Giorgio, che reca la firma dell’artista, appare raffigurata la Vergine in trono con il Bambino, con ai lati l’Adorazione dei Magi e l’Annuncio ai pastori.
Sugli stipiti si trovano i profeti con cartiglio, mentre le figure più esterne rappresentano i paladini Orlando e Oliviero, il primo identificato dall’iscrizione Durindarda sulla spada.
Nelle opere di Niccolò i temi della tradizione religiosa appaiono fusi con immagini legate a eventi contemporanei, quali le crociate e la nascita dell’autonomia comunale, dando vita in tal modo a complessi programmi scultorei che non trovano uguali in ambito italiano. Il protiro, portico architettonico coperto e monumentale che protegge l’ingresso principale, fu consacrato nel 1187.
Un primo progetto di generale rinnovamento del Duomo risale al XIV secolo; progetto che prevedeva un ingrandimento dell’edificio in ampiezza, tale da inglobare ben cinque navate; i nuovi cantieri non si avviarono però che nel XV secolo.
L’ampliamento dell’edificio romanico – promosso dalla Signoria degli Scaligeri – prese avvio infatti nel 1444 con l’inserimento di contrafforti e cappelle. Tra gli interventi effettuati nel Quattrocento vi furono la sopraelevazione delle tre navate, che raggiunsero così la quota attuale, la sostituzione dei colonnati con gli otto robusti pilastri a fascio in marmo rosso di Verona, reggenti archi a sesto acuto, la realizzazione delle volte a crociera a copertura degli spazi interni ed, infine, l’apertura delle cappelle laterali, tra cui quella Memo e la cappella della Madonna del Popolo, di maggiori dimensioni.
In particolare i pilastri a fascio e i capitelli fogliati, di carattere gotico, vennero presi a modello dai fabbricieri del duomo di Milano, che ebbero occasione di visitare personalmente l’edificio.
Il portone è scolpito con immagini di profeti biblici e con animali reali e fantastici tratti dai bestiari medioevali. Tali lavori proseguirono per tutto il XVI secolo, quando vennero aggiunte evidenze rinascimentali. Fu il vescovo Gian Matteo Giberti a sistemare l’area presbiteriale, aggiungendo l’arretramento del coro e dell’altare e le decorazioni: risale infatti al 1534 la decorazione ad affresco del catino absidale e dell’arco trionfale con un ciclo di soggetto mariano, opera del pittore rinascimentale Francesco Torbido che si servì di cartoni, commissionati dallo stesso vescovo, di Giulio Romano.
Dello stesso anno è la conclusione del rifacimento, avviatosi nel 1527, della pavimentazione della chiesa, che portò all’eliminazione del dislivello tra presbiterio e area plebana che caratterizzava la chiesa romanica.
Il tornacoro dell’area presbiteriale fu realizzato su progetto di Michele Sanmicheli nel 1550; tra il 1575 e il 1579 il cugino Bernardino Brugnoli, invece, progettò la sopraelevazione del campanile (75m), che sfruttò come basamento quello preesistente di epoca romanica; infine nel 1587 venne terminata la sopraelevazione della facciata, caratterizzata da un grande protiro a doppia arcata, sorretto da due leoni, e che assunse il suo aspetto definitivo all’epoca del vescovo Agostino Valier, il cui stemma è collocato nella sommità.
Al nipote Alberto Valier si deve invece il portale interno dotato di orologio, realizzato nella contro facciata della chiesa.
Gli ultimi lavori importanti risalgono alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo: nel 1880 sotto il vescovo Luigi di Canossa venne rifatto il pavimento, mentre tra il 1913 e il 1931 vi fu un’ultima sopraelevazione del campanile, su disegno dell’architetto Ettore Fagiuoli, mai terminata.
Dopo questi cantieri si sono svolti principalmente interventi di restauro conservativo e consolidamento strutturale, i più rilevanti dei quali nel periodo tra il 1979 e il 1987, tra il 2005 e il 2009 e tra il 2013 e il 2015.
INTERNO
L’ interno si presenta molto ricco di affreschi e opere pregevoli; su tutte spicca l’Assunzione della Vergine, opera del 1535 di Tiziano, visibile nella prima cappella a sinistra ristrutturata nel 1530 da Jacopo Sansovino.
La pianta dell’edificio ad area rettangolare è suddivisa in tre navate da due serie di archeggiature leggermente ogivali, ognuna impostata su quattro grandi pilastri a fascio in marmo rosso, con capitelli a tre ordini di foglie, del 1440-1503, che sostituirono i precedenti romanici; le navate hanno cinque campate, con quella centrale che si prolunga verso il presbiterio.
Il presbiterio, rialzato di tre gradini, è protetto dall’elegante tornacoro semicircolare progettato da Michele Sanmicheli, composto di un alto basamento su cui si impostano le colonne ioniche a sostegno della trabeazione modanata, la quale, in corrispondenza delle colonne, è sormontata da candelabri.
L’antico presbiterio si conclude con l’abside semicircolare del coro in tufo in arte romanica veronese (secolo XII), mentre il nuovo presbiterio occupa la penultima campata della navata maggiore.
Le campate delle navate sono coperte da volte a crociera in muratura con nervature diagonali e sono scandite da arconi ogivali, entrambi in rosso di Verona; il presbiterio è invece coperto da una volta a botte e il coro sovrastato da una calotta semisferica, entrambi decorati a inizio Cinquecento da Francesco Torbido su disegni preparatori di Giulio Romano che realizzò un imponente ciclo pittorico raffigurante scene e personaggi biblici inseriti all’interno di una vasta architettura classica dipinta.
Lungo i fianchi delle navate laterali si trovano otto altari minori, quattro per ogni lato, inseriti all’interno di cappelle.
NAVATA DESTRA
La prima cappella della navata destra è la cappella Dionisi, costruita tra il 1481 e il 1484 dal canonico Paolo Dionisi e dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Della costruzione originaria rimane l’arco esterno sul quale troneggia un Redentore, con sotto i due Santi Pietro e Paolo, oltre agli affreschi rinascimentali che fanno da cornice alla cappella.
La pala d’altare è un’opera del 1711 del pittore di scuola veronese Antonio Balestra e raffigura la Madonna col Bambino e i Santi Pietro, Paolo e Antonio da Padova.
Dopo questa si trova la cappella Calcasoli, fatta edificare da Bernardino Calcasoli tra il 1503 e il 1504, caratterizzata dal monumentale affresco del Falconetto, datato 1503, che fa da contorno al gruppo di dipinti che si trovano sulla pala all’interno della cappella, tra cui i Santi Rocco e Sebastiano, a sinistra, Antonio e Bartolomeo a destra, e la Deposizione in alto, opere di Nicola Giolfino; al centro il dipinto di Liberale da Verona raffigurante l’Adorazione del Magi.
La terza cappella è la Emilei, eretta intorno al 1504 dall’omonima nobile famiglia veronese. Sopra l’altare si trova la Trasfigurazione di Cristo del pittore veronese Giambettino Cignaroli. Sono presenti inoltre i resti di un trittico di Francesco Morone rappresentante San Giacomo con un committente e San Bartolomeo.
Quindi trova spazio una cappella di grandi dimensioni (del Santissimo Sacramento o cappella Memo), edificata nel 1435 dal vescovo Guido Memo ed affrescata l’anno dopo da Jacopo Bellini; subì diversi interventi nel corso dei secoli, gli ultimi nel 1762.
L’arco dal quale si accede alla cappella è abbellito da Profeti e Angeli a bassorilievo dello scultore Diomiro Cignaroli, mentre l’altare, attribuibile a Francesco e Paolo Maderno, è caratterizzato ai lati delle statue dei Santi Zeno e Nicolò, di Francesco Zoppi. La pala d’altare raffigurante l’Ultima Cena è invece opera di Gian Battista Burato.
L’ultima cappella della navata destra è la Mazzanti, fatta ristrutturare nel 1508 dal canonico Francesco Mazzanti e dedicata ai santi Francesco e Agata. Notevole è il monumento del 1353 in stile gotico della Santa, vegliata nel suo letto da quattro angeli. In basso, sotto l’altare, si trova anche l’urna contenente il corpo di Santa Maria Consolatrice, sorella del vescovo Annone, cui è dedicata anche la chiesa omonima poco distante dal Duomo.
NAVATA SINISTRA
La prima cappella che si incontra è la Cartolari-Nichesola, situata appena dopo il sepolcro di Galesio Nichesola, prelato veronese che divenne vescovo di Belluno nel XVI secolo. Venne fatta edificare dal canonico Bartolomeo Cartolari verso il 1468 e ristrutturata intorno al 1532 dalla famiglia Nichesola, che commissionò all’architetto Jacopo Sansovino il rifacimento della cappella e dell’altare, ove è collocata la splendida pala dell’Assunzione della Vergine di Tiziano, dipinto che è stato restituito all’Italia dopo le trafugazioni francesi della campagna d’Italia napoleonica del 1797.
Subito dopo si trova la cappella Abbazia-Lazzari, dedicata al Santissimo Corpo di Gesù Cristo e commissionata dal canonico Giovanni Abbazia nel XV secolo, ma acquisita più tardi dalla famiglia Lazzari.
Essa conserva l’originaria pianta semicircolare con copertura del catino absidale a conchiglia, elemento simbolico di rinascita spirituale. La pala d’altare, circondata da affreschi con raffigurazioni di Santi, Apostoli e Angeli, nel tempo è stata oggetto di diverse sostituzioni; attualmente è presente un’opera di Sante Prunati raffigurante il Redentore tra Tobia e l’angelo, San Liborio e San Francesco di Sales.
Quindi, si trova una cappella di grandi dimensioni, la cappella Malaspina; particolarmente cara ai veronesi, essa è dedicata alla Madonna del Popolo, il cui culto locale risale al XIII secolo. La struttura è del XVI secolo, tuttavia l’interno è stato trasformato nel 1756. Vi si trova una imponente statua della Madonna col Bambino, sotto cui si trova l’urna contenente la “spina”, la lisca di pesce marino a forma di falce con cui furono martirizzati i santi Fermo e Rustico.
Infine, al termine della navata, troviamo la cappella Maffei, eretta all’inizio del XVI secolo dai canonici Francesco e Girolamo Maffei. Ha subito numerosi rifacimenti; la pala attuale è un’opera di Agostino Ugolini raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Andrea, Annone, Girolamo e Giovanni Battista (circa 1794). Nella lunetta sopra l’arco si trova una Deposizione del XVI secolo attribuita al Falconetto, autore nella stessa cappella di altri affreschi.
Dalla navata sinistra si passa nel cortiletto di sant’Elena, quindi alla omonima chiesetta costruita dal Pacifico nell’813 su una preesistente, e rifatta nel XII secolo. I restauri hanno messo in luce le fondazioni dell’abside della basilica paleocristiana e di una più antica di età costantiniana. La statua di Dante presente sotto il portico è legata alla tradizione secondo cui il sommo poeta nel 1320 vi discusse la sua “Quaestio de aqua et terra”.
ORGANI
Nell’ultima campata delle due navate laterali, sopra le cantorie lignee, si trovano due organi a canne: quello comunemente chiamato “Antegnati”, a destra, e il “Farinati”, a sinistra; entrambi sono caratterizzati da una cassa lignea finemente intagliata con prospetti gemelli, e costituiti da due cuspidi laterali di sette canne e una centrale di cinque, intervallate da due colonne di organetti morti.
L’organo Antegnati fu costruito per volere di Agostino Valier, vescovo di Verona tra dal 1565 e il 1606; nel 1683 il vescovo Sebastiano Pisani II commissionò al pittore Biagio Falcieri la decorazione delle portelle.
Purtroppo lo strumento originale è andato perduto e quello attuale è stato ricostruito “in stile” nel 1992 da Barthélemy Formentelli che si ispirò a uno strumento dell’epoca e utilizzò canne di facciata antiche, opportunamente restaurate.
BATTISTERO
Il Battistero, anche chiamato San Giovanni in Fonte, venne edificato nel XII secolo e conserva al suo interno una grande e bella fonte battesimale ottagonale scolpita in un unico blocco di marmo a bassorilievo su tutti i lati: un capolavoro della scultura romanica attribuita alla bottega del veronese Brioloto da Balneo.
Nell’atrio di Santa Maria Matricolare sono visibili gli scavi archeologici del romanico passaggio coperto di collegamento tra la Cattedrale e la chiesa dei canonici.
CAMPANILE (con 10 campane)
L’imponente campanile si leva al fianco meridionale della chiesa: il basamento è una massiccia opera di epoca romanica, eretta tra il XII e il XIII secolo, dalle dimensioni che non hanno corrispettivi in nessun’altra torre veronese, misurando i lati ben 11,10 metri, con uno spessore della muratura di 3,10 metri.
Su questo si imposta un altrettanto massiccio fusto rinascimentale in marmo ammonitico veronese, il cui progetto iniziale era del celebre architetto Michele Sanmicheli, modificato successivamente dal nipote Bernardino Brugnoli; in alto, a chiudere la torre, si trova la cella campanaria, terminata nel 1925 su progetto di Ettore Fagiuoli che interpretò il linguaggio sanmicheliano.
Questa è a pianta ottagonale e poggia su un basamento coronato da balaustra e obelischi angolari; a sua volta è sormontata da un tamburo sul quale sarebbe dovuta sorgere la copertura prevista dal progetto del Fagiuoli, ma mai realizzata per ragioni economiche, o forse perché non doveva superare la torre dei Lamberti, con i suoi 83 metri la più alta della città (con la realizzazione della cuspide, l’avrebbe superata di 15-20 metri).
La torre ospita dieci campane (accordate in scala di La2 calante), per la maggior parte fuse dalla famiglia veronese Cavadini nel 1931: fanno eccezione il campanone, realizzato dalla fonderia De Poli di Vittorio Veneto nel 2003 in sostituzione del precedente che, rifuso nel 1934 sempre da Cavadini a causa di un difetto di fabbricazione, si incrinò irrimediabilmente nel 2000, e la campana minore, che venne fusa dalla fonderia Grassmayr di Innsbruck nel 2014 e aggiunta al complesso.
Le campane vengono suonate a mano da una squadra composta da una ventina di suonatori secondo la tecnica dei concerti di campane alla veronese. Inoltre, all’altezza del tetto della cattedrale, si trova la cosiddetta “campana dei Canonici”, a slancio manuale (di nota Fa#4 calante) e fuori concerto, fusa dal magister Jakobus di Verona nel 1384, mentre una seconda campana detta “Mezzana”, fusa nel 1358 dai magister Vivencus e Victor, insieme alla campana dei Canonici resto del complesso campanario originale, si trova oggi presso il museo di Castelvecchio.
Riassumendo, alcune curiosità. Dell’antico complesso rimangono almeno cinque chiese (Verona ne ha oltre 40! In tutto), in parte sovrapposte, in parte collegate da porticati. All’interno del più antico edificio di culto cristiano a Verona esistono: l’unico capolavoro di Tiziano in città, il chiostro più spettacolare e un enorme mosaico romano.
A sinistra del Duomo sorge il Palazzo del Canonicato, ricostruzione post bellica del 1948, che ospita la “Biblioteca Capitolare” fondata nel V secolo come “Scriptorium” della “Schola Sacerdotum Sanctae Veronensis Ecclesiae”, la più antica raccolta di libri al mondo con oltre 1200 manoscritti.
Visita guidata al Duomo. Orari, di massima, per le visite turistiche e culturali.
Dal 1 marzo 2025 al 31 ottobre 2025: dal lunedì al venerdì: 11.00-17.30, sabato: 11.00-15.30, domenica e festività religiose: 13.30-17.30. Esistono alcune variazioni: Informarsi …
Dal 1 novembre 2025 al 28 febbraio 2026: dal lunedì al venerdì: 11.00-17.00, sabato e pre festivi: 11.00-15.30, domenica e festività religiose: 13.30-17.30
L’accesso con carrozzina è possibile! Ingresso gratuito per disabili ed accompagnatore.
N.B. Non è necessaria la prenotazione per le visite. Potete acquistare il biglietto nella prima chiesa da cui iniziate la visita. Per informazioni: info@chieseverona.it
Biglietti: con il biglietto d’ingresso singolo è possibile visitare una tra le quattro chiese, a scelta, del percorso di visita. Acquistabile solo in loco e valido solo al momento dell’acquisto: € 4,00
Nel costo è compresa la scheda di visita e/o l’audioguida in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo scaricabile sul proprio smartphone/tablet attraverso sito internet, app o qrcode
Per chi volesse approfondire – tra le tante pubblicazioni – suggeriamo, di Pierpaolo Brugnoli, La cattedrale di Verona nelle sue vicende edilizie dal secolo IV al secolo XVI, Venezia, Arsenale, 1987, e Duomo di Verona, Firenze, Edam, 1966.
Post scriptum. Le fonti delle notizie di questo articolo sono state: Guida d’Italia: Veneto (esclusa Venezia), Milano Touring Club Italiano 1992 – Appunti e ricerche di mio fratello Renato Cortese – Internet – Wikipedia –.
Nella composizione fotografica dell’autore, la facciata d’ingresso del Duomo col Protiro su due piani ed una foto del suo bellissimo interno: il tornacoro del 1550 e, in alto nel catino absidale dello sfondo, gli affreschi della volta del Presbiterio rinascimentale.
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