Uno spettro si aggira minaccioso per l’Armata BrancaMeloni: Robertino Vannacci. L’ex comandante della Folgore, eletto a Bruxelles nel giugno di un anno fa con una valanga di preferenze (oltre 500 mila, il più votato in Italia dopo Giorgia Meloni), sta terremotando non solo la Lega ma sta preoccupando seriamente anche Fratelli d’Italia.
Il richiamo del Generalissimo alla Decima Mas e alla paccottiglia del ventennio (“Io fascista? Non mi offendo”) sta abbagliando sempre di più lo “zoccolo” fascistissimo della Fiamma, disingannato dai tre anni di potere meloniano in cui le radici post-missine sono state via via democristianamente “pettinate”, se non del tutto sotterrate.
Molti partiti di estrema destra, come Forza Nuova, avrebbero voluto candidare Vannacci dopo l’exploit saggistico del “Mondo al contrario”, nel tentativo di trasformare i suoi lettori in elettori. Alla fine se lo è accaparrato la Lega.
Chi ha capito subito che era un madornale errore prendere Vannacci sottogamba, liquidandolo come un’antica macchietta ricicciata da “Alto Gradimento” (il delirante “generale Damigiani” di Mario Marenco) è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, denunciando come “farneticazioni personali” le posizioni espresse nel libello.
Imposto come vice segretario da Salvini per salvare la sua leadership (privata del contributo di Vannacci, la Lega alle europee dell’anno scorso si sarebbe ridotta a un partitino del 5-6%), il progetto futuro che frulla nella mente del Generalissimo ha come traguardo le politiche del 2027, quando, facendo leva sul mezzo milione di voti intascati alle Europee, imporrà a Salvini i suoi uomini in tutte le circoscrizioni. Altrimenti, caro Matteo, scendo dal Carroccio, do vita al mio partito, e amici come prima.
Nell’attesa, forte dei suoi 150 circoli, si è portato avanti il lavoro dettando la lista dei suoi candidati alle prossime regionali d’autunno, facendo incazzare i leghisti storici, a partire dal trio dei governatori, dalla Toscana al Veneto. Attilio Fontana non l’ha toccata piano, sbottando: “Col cazzo che vannaccizzano la Lega”.
Che “Il mondo al contrario” sia ormai una sorta di partito nel partito che non ha nulla a che fare con la Lega, l’ha capito anche Luca Zaia: “Non c’è nessun effetto Vannacci nel partito, se non fa il leghista vuol dire che non lo è”.
E ha aggiunto: “Esistono i valori di un partito nato più di trent’anni fa. Il generale non ha fatto la gavetta, come è toccato a tutti noi, a partire da Matteo Salvini. È doveroso che rispetti le regole e le liturgie del partito in cui è entrato”.
Al coro furibondo che si è levato da tutti gli esponenti leghisti, Vannacci ha replicato serafico, in modalità presa per il culo: “Io porto la mia esperienza, i miei ideali e cerco più adepti possibile…”, pavoneggiandosi con le 190 mila preferenze ottenute nel Nord-est alle Europee del 2022. Per chiudere come Trump: “Make the League great again!”.
Oltre al rischio che il partito fondato da Umberto Bossi diventi un utile taxi per la presa del potere del Generalissimo, si sta facendo strada tra molti discepoli di Alberto da Giussano l’idea di rispondere alla vannaccizzazione con un taglio netto e definitivo: uscire dalla Lega.
E’ vero che Luca Zaia nel corso del tempo non ha mai posseduto l’ardire di schierarsi con il nazional-populismo di Salvini, ma quando ha chiamato Attilio Fontana per congratularsi per la sua clamorosa uscita “Col cazzo che vannaccizzano la Lega”, ha trovato però il coraggio di annunciare: Se il partito va avanti così, io esco dalla Lega…


