Sì, proprio lei. La stessa Von Der Leyen che qualche tempo fa ci spiegava – con l’aria seria di chi crede alle balle che racconta – che l’esercito russo stava smontando lavatrici e frigoriferi per recuperare semiconduttori da usare nell’industria bellica in crisi di produzione. “La Russia è a pezzi”, diceva. “Sta perdendo la guerra”, aggiungevano i suoi amici nei media.
Peccato che oggi, a quanto pare, le armi in Russia non manchino più. Anzi, ne hanno talmente tante da spingere la Commissione Europea a proporre una corsa al riarmo da 800 miliardi di euro. Ripeto: 800 miliardi di euro per alimentare l’industria bellica francese, tedesca e americana. Per gettare benzina sul fuoco mentre altri cercano di spegnerlo.
Oggi Ursula chiama il piano di riarmo Readiness 2030. Un nome che suona più soft, più tecnico. Prima si chiamava ReArm, ma siccome l’opinione pubblica si è giustamente inorridita, hanno cambiato nome. Classica truffa semantica.
Un’operazione di maquillage linguistico da manuale, degna dei migliori illusionisti della politica italiana: Berlusconi, Prodi, Letta, Renzi. Ricordate l’Afghanistan? Dovevamo esportare la pace, e intanto esportavamo bombe. Gli F-35? Non erano strumenti di morte. No, erano “sistemi di difesa”. E la guerra in Italia è stata rappresentata per anni come una “missione di pace”.
Ursula von der Leyen ci dice che questo piano sarà un toccasana per l’economia italiana. Perché? Perché abbiamo Leonardo, Fincantieri, e quindi – dice lei – creeremo posti di lavoro, aumenteremo la prosperità, miglioreremo persino gli ospedali.
“L’Italia ne trarrà un grande beneficio. È un programma di investimenti che aumenterà la prosperità. E questo va a vantaggio dell’economia e della società italiane, ma anche delle infrastrutture al servizio delle persone, come gli ospedali”. Ma da quando in qua la salute pubblica passa dalla produzione di cannoni? Da quando in qua si fanno asili con i missili?
Nel frattempo, mentre qualche spiraglio di trattativa di pace si intravede e l’UE è fuori dal tavolo, la stessa von der Leyen rilancia: l’Ucraina deve entrare nell’Unione Europea, le sanzioni alla Russia continueranno, e Kiev deve trasformarsi in un “porcospino di ferro”. Un porcospino, capite? Non un ponte, non un luogo di dialogo, ma un porcospino di ferro.
Alessandro Di Battista


