Va smontata la narrazione del Governo Meloni che rende giustizia al popolo tassando le banche

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E va fatto non perché uno è di sinistra e loro di destra, ma perché è una bugia colossale che grida vendetta.
Non c’è nessuna tassa sugli extraprofitti.
Il denaro che si aspettano deriva prevalentemente da due strumenti: il rinvio delle DTA e una tassazione agevolata su denaro messo a riserva.
I DTA sono crediti fiscali che le banche generano, tra gli altri, dando in pasto ad agenzie di recupero crediti o società di speculazione debiti di persone che non riescono più a ripagare e precedentemente classificati come “crediti deteriorati”. E ora si chiede alle banche di non metterli a frutto quest’anno, ma di farlo più avanti. Non è quindi una tassa: è una cortesia che gli stanno chiedendo.
E se non è oggi sarà domani che copriremo le loro perdite.
L’altra misura è lo svincolo di riserve che le banche hanno maturato nel 2023, anno d’oro grazie ai tassi. Se decidono di farlo, Meloni quelle riserve le tassa al 27,5% anziché al 40% come sarebbe invece da prassi. Un bello sconto. E la scelta è delle banche, non c’è nessuna imposizione. “Diamo la possibilità di liberare le riserve ad un’aliquota più vantaggiosa”, dice Giorgetti: soavi, dolci, accomodanti.
Fa misera eccezione l’aumento del 2% dell’IRAP per le banche, ma qui siamo a poche centinaia di milioni. Un nonnulla rispetto all’intervento complessivo (e comunque ancora in forse).
A casa mia, una tassa è una tassa. Prendi e paghi. Da me e da voi non viene l’Agenzia delle Entrate a chiedere, per favore, se le detrazioni possiamo cortesemente rimandarle al prossimo anno, né a offrirmi tassazione agevolata se decido di svincolare un conto, lasciandomi però libero di scegliere.
Quindi no: non c’è nessuna giustizia in questo intervento, solo un gioco di prestigio.
In compenso però Banca d’Italia ci dice che il margine di intermediazione delle banche a carico dei clienti è già aumentato del 7,2%: vedrete chi li pagherà questi prestiti che spacciano per tassazione.

Leonardo Cecchi