Vasco, un uomo libero

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Ma cosa vuoi tu più di così? Ogni volta che qualcuno pensa a una vita spericolata, esagerata, a una vita come quelle dei film, pensa a Vasco Rossi. Vasco, il Blasco, lo Strano Animale, coca casa e chiesa, che va a letto la mattina presto, che non si sa limitare, che non ha rispetto per niente, che va al massimo, a gonfie vele.

È solo lui, c’è solo lui. Ma dietro ogni parola che ha detto e scritto su Robinson — il supplemento culturale di Repubblica ancora in edicola tutta la settimana — come dietro ogni verso delle sue canzoni, si avverte l’anima fragile e poetica del suo lungo autobiografico racconto: sono una persona normale, che passa le feste a Zocca con la mamma anziana, che rivede gli amici d’infanzia, che per trovare un po’ di pace se ne va ogni tanto a Los Angeles, dove il signor Rossi si diluisce nella città e ritorna finalmente quello che dovrebbe essere, l’anonimo e universale signor Smith.

E bisognerà pure riflettere su come quel suo cognome comune a tanti italiani, entrato nei modi di dire come la O di Otranto o la casalinga di Voghera, abbia trovato un equilibrio con l’inquieto nome da navigatore di oceani e esploratore di mondi al quale si accompagna fin dalla nascita, dall’infanzia di cui Robinson mostra le foto che nulla fanno indovinare del destino da rockstar, dall’adolescenza in provincia — la scuola di canto, la scoperta brutale del sesso in cui molti si saranno riconosciuti, le delusioni, le amarezze. Quello che Vasco ha regalato ai lettori è un romanzo di formazione che non risparmia nulla, gavetta compresa, cadute comprese, crisi comprese, dolcezza compresa, amore compreso.

(Dario Olivero – repubblica.it)