Per intanto però la rotta commerciale tra Cina e vecchio Continente potrebbe rilanciarsi tramite una serie di passaggi ferroviari nei Balcani occidentali e orientali grazie alla ferrovia che da Budapest fa tappa a Belgrado e a Skopje per approdare in Grecia nel porto del Pireo di proprietà del governo di Pechino
Pace, pace e ancora pace. Non ha utilizzato mezzi termini Antonio Tajani, ministro degli Esteri del governo Meloni, durante i colloqui che assieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha svolto con l’onorevole Wang Yi, già a capo della Farnesina cinese (ai tempi in cui a Roma vigeva il governo Conte) e oggi al vertice della diplomazia del partito-Stato erede diretto della dottrina comunista ortodossia di Mao e Deng Xiaoping.
Tajani è stato risoluto nel sollecitare il rappresentante del gigante asiatico ad assumere un ruolo e un atteggiamento più critico e più perentorio nei confronti del regime russo di Vladimir Putin, al fine di accelerare verso una soluzione di superamento di un conflitto – disastroso sul piano umanitario ed economico sociale – in atto contro il popolo ucraino da oramai 12 mesi e a oggi senza alcuna prospettiva neppure di tregua.
Yi, dimostrando a parole una certa buona volontà, ha rassicurato il proprio interlocutore di parte italiana che il prossimo 24 febbraio, primo anniversario della tragica aggressione ordita da Mosca contro Kiev, Xi Jinping leggerà un discorso dai toni pacieri.
Un’ipotesi, quest’ultima, tutt’altro che peregrina, se si considera che la Cina trova davanti a sé un’Europa molto diversa da quella degli anni anche più recenti, divisa in una moltitudine di interessi e di convenienze nazionali prevalenti che consentivano a Pechino di negoziare con efficacia e successo con le singole capitali e cancellerie UE: basti ricordare che nella primavera del 2019, il molto discusso accordo sulla via della seta, siglato in modo cerimonioso a Roma dal primo governo Conte, con l’assenso di Lega e Cinque stelle, fu reso possibile proprio da quei presupposti; i quali almeno in parte hanno ceduto il posto a una maggiore unità del vecchio Continente per utilizzare un’unica voce (o il più possibile tale) nelle sedi mondiali contro l’aggressione russa.
Dall’andamento dei colloqui diplomatici nella sede capitolina, il governo di destra centro sembra orientato a utilizzare la politica del rigore e dell’accomodamento: il primo per indurre il presidente Xi a portare avanti un ruolo meno ambivalente e più proattivo nei confronti di Mosca in direzione di una cessazione delle ostilità contro l’Ucraina; il secondo per lasciare intendere una continuità di relazioni commerciali ed economiche tra Roma e Pechino nel segno di una maggiore accessibilità dei prodotti made in Italy alla fascia medio alta dell’enorme mercato asiatico.
Secondo quest’ultima accezione, la Cina avrebbe invitato il governo Meloni a utilizzare un comportamento meno discriminatorio verso gli investimenti cinesi in Italia, e il riferimento a quest’ultimo passaggio sarebbe nelle critiche mosse dagli emissari dei comunisti di Xi nei confronti di un utilizzo a loro avviso eccessivo della cosiddetta Golden Power con cui il precedente governo Draghi avrebbe impedito il passaggio in mani orientali di alcune aziende strategiche nostrane. Filosofia entro la quale sembra deciso a muoversi il nuovo Ministro dell’industria Adolfo Urso, ex presidente del comitato parlamentare Copasir e sostenitore della sovranità industriale del Tricolore.
Ecco, allora, che lo sbocco più plausibile, in vista della scadenza nel prossimo anno dell’accordo sulla via della seta, sembra essere la propensione di Roma a utilizzare lo strumento del silenzio assenso, in modo da relegare l’intesa in un cassetto per lasciarlo lì giacente e per estrarne alla bisogna solo quei punti di maggiore interesse diplomatico e opportunità commerciale.
Tenuto conto che, tra il 2021 e oggi, sulla tratta ferrata fra Milano e Wuhan gli scambi e le quotazioni mercantili sono già da tempo crollati, e una loro ripresa potrebbe richiedere tempi lunghi per ragioni sia di complesso assorbimento dei costi logistici, sia di mutato assetto geopolitico tra i due blocchi continentali.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




