Zanda: “Basta maggioranze innaturali”

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Alla fine di una lunga chiacchierata sulla politica cercando di raggiungere un punto di osservazione più in alto rispetto alle bizze che ogni giorno accadono in basso nei meandri dei palazzi non per spirito trinariciuto, ma per necessità di esposizione, il senatore Luigi Zanda ha un unico momento di esitazione e trattenuta ilarità.

Quando gli si chiede non che ne sarà delle nostre acciaccate istituzioni nella prossima legislatura e di quali disgrazie capiteranno ancora sul cammino, ma che ne sarà del suo posto di influente dirigente del Partito democratico: «Nella mia vita ho fatto tanti mestieri, tutti belli, non mi sono mai preoccupato e occupato del mio futuro».

Figlio di un capo della Polizia, ottant`anni da compiere a novembre, un piglio non adatto alle baruffe da talk show, Zanda viene definito con una certa approssimazione un «decano» della politica e però in carriera ha la metà appena dell`anzianità parlamentare di Pier Ferdinando Casini. Fu collaboratore di Francesco Cossiga nella stagione del terrorismo e durante il sequestro di Aldo Moro e per vent`anni ha ricoperto incarichi in aziende pubbliche e private, nell`editoria al gruppo l`Espresso e nei grandi eventi col Giubileo di Francesco Rutelli sindaco

. A palazzo Madama entrò nel 2003 con un`elezione suppletiva come candidato solitario per la Margherita e da lì è diventato capogruppo del Pd e poi tesoriere del partito con Nicola Zingaretti. Ne ha viste di ogni, ne prevede di peggio.

Perché, senatore Zanda?

«I Cinque Stelle sono l`unico partito italiano che è stato al governo da inizio legislatura e l`ha fatto con tre maggioranze diverse, dobbiamo augurarci che non decidano di sottrarsi alla fiducia proprio in questi giorni, durante la pandemia ancora in atto, la guerra vicina, una situazione economica pesante, una probabile recessione in autunno. Rischiare di far cadere il governo e di spingere alle elezioni anticipate, mentre il Pd vuole terminare la legislatura, sarebbe un grave errore con danni seri per l`Italia. Tra l`altro tutti si ricordino che favorire le elezioni non ha mai portato né voti né fortuna a chi le ha provocate. Giuseppe Conte deve difendere non soltanto i Cinque Stelle, ma anche la sua personale credibilità, mettere in pericolo il governo non lo aiuta. E poi c`è un discorso più ampio che riguarda la democrazia».

Prego. Vista la disaffezione per la democrazia, questi sono discorsi da apprendere presto.

«C`è una crisi generale e globale delle democrazie. Lo dimostrano l`apprensione con cui aspettiamo le elezioni di medio termine negli Stati Uniti, l`indebolimento di Emmanuel Macron con le legislative francesi, gli intoppi del passaggio fra Angela Merkel e Olaf Scholz in Germania, la conclusione ingloriosa della vicenda britannica di Boris Johnson. C`è una difficoltà dei sistemi democratici ad affrontare la complessità e la velocità delle trasformazioni del nostro tempo. Si risponde male e tardi»