Recovery, i “migliori” sono in ritardo e il Colle si sveglia

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ll governo dei migliori è in ritardo sul Recovery

Un ossimoro, i migliori in ritardo, che lambisce pericolosamente l’ampio perimetro della maggioranza proprio su una della due ragioni (con le vaccinazioni) della sua nascita: la ricostruzione post-pandemica incarnata dall’acronimo Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Ed è per questo che ieri pomeriggio il capo dello Stato Sergio Mattarella ha sentito l’esigenza di incontrare i presidenti delle Camere, Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico, dal momento che il Parlamento a breve sarà alluvionato da un’impressionante mole di provvedimenti decisivi: due o tre decreti sul Pnrr tra governance, P.A. e semplificazioni ambientali; il decreto Sostegni bis da decine di miliardi; le controverse leggi delega su giustizia e concorrenza. Tutta roba che va approvata in fretta e, nel caso delle ultime due “riforme”, senza stravolgere l’impianto concordato con l’Ue.

Ma i timori del Colle sono ad ampio raggio e non riguardano certo solo la velocità delle Camere, ma anche gli adempimenti che spettano al governo. Una esatta ricognizione dei passaggi che ancora mancano ha convinto Mattarella a chiamare Casellati e Fico al Quirinale. E l’avrebbe fatto per rispondere a un appello dello stesso premier Mario Draghi, spesso ingabbiato dalle lotte interne alla sua maggioranza.

Questo un altro nodo politico: Draghi da solo non riesce a dare quell’accelerazione che tutti i suoi aedi invocavano alla nascita dell’esecutivo. E quindi, svaniti i suoi presunti poteri taumaturgici, si è resa necessaria la sponda del Colle, che rinnova la vulgata del governo Mattarella-Draghi. Del resto quando all’inizio di febbraio il presidente della Repubblica convocò l’ex governatore Bce per dargli l’incarico, specificò che la strada maestra sarebbe stata quella delle elezioni anticipate, ma che proprio per la necessità di non perdere tempo e fare presto sul Recovery Plan era meglio avere un governo nel pieno delle sue funzioni

Dopo tre mesi, però, SuperMario è in ritardo, anche (forse soprattutto) per gli impegni molto stringenti pretesi dalla Commissione Ue: “Ci sono duemila comitati e ventimila idee, ma non uno straccio di testo formale: ad oggi sappiamo che assumeremo 300 persone al Tesoro per fare i controlli, ma non si sa chi progetterà e chi dovrà spendere”, dice al Fatto un alto funzionario pubblico. Qual è il problema? Il Pnrr deve – nel senso che Bruxelles valuterà anche questo – indicare la mitica governance, che però non sono solo le cabine di regia a Palazzo Chigi o il comitato tecnico al Mef: va chiarito per ogni programma di spesa quale la linea di comando, quanto e di che tipo il personale necessario, quali le semplificazioni adatte a spendere cifre ingenti in tempi strettissimi. Andando nel dettaglio: non si sa ancora quali norme del codice del appalti e di quello ambientale togliere di mezzo, quale sistema progettuale scegliere e affidandosi a quali tecnici, chi avrà il potere di firma e con quali guarentigie, chi avrà il potere sostitutivo in caso di ritardi.

Come dicono gli angloitaliani, l’execution o “messa a terra dei progetti” è in alto mare e la cosa è nota nello stesso governo se è vero che lunedì, in una riunione tecnica, un ministro di primo piano ha spiegato che se si parte a fine giugno, dopo il via libera formale dell’Ue, non c’è fin d’ora speranza di rispettare i tempi.

In tutto questo è pure in corso, ormai da settimane, una sorta di guerra fredda tra i ministri Brunetta e Cingolani: il primo vuole che il suo “decretone semplificazioni e P.A.” sia il veicolo in cui tutti inseriscono le loro proposte; il secondo ha presentato un testo a Palazzo Chigi dedicato alle sole semplificazioni ambientali e che mette al centro il suo ministero; l’arbitro Mario Draghi rassicura entrambi, ma il quarto uomo Roberto Garofoli pare più in sintonia col berlusconiano. Intanto il tempo passa e Mattarella si preoccupa.

di Fabrizio d’Esposito e Marco Palombi