MIMMO LUCANO: IL MASSIMO DEL DIRITTO, IL MASSIMO DELL’INGIUSTIZIA

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Summum ius, summa iniuria. Il massimo del diritto, il massimo dell’ingiustizia.

Dicevano così i latini e questa frase torna alla mente pensando alla vicenda di Mimmo Lucano. Al diritto tanto distante dalla vita reale che diventa disumano. E, di fatto, ingiusto.
Tanti nostri sostenitori ci chiedono cosa ne pensiamo. Proviamo a dire la nostra, cercando di salvare la complessità della questione.
La sentenza nei confronti di Lucano proprio mentre cerca di applicare la legge lascia un’impressione di profonda ingiustizia. “Non ho mai visto nella mia carriera dei giudici che condannano l’imputato a una pena quasi doppia rispetto a quella richiesta dai pubblici ministeri”, ci dice un magistrato. Già, questo è il primo aspetto che sorprende.
E suscita francamente un senso di amarezza vedere Lucano – che non si è arricchito, che non ha agito per interesse personale e soprattutto che cercava di tutelare i diritti degli ultimi (valori sanciti dalla Costituzione) – punito con una pena più severa di quella inflitta a Luca Traini che invece è accusato di aver sparato per strada agli immigrati.
Stupisce, ci sia consentito dirlo, anche notare che la sentenza arriva tre giorni prima delle elezioni in Calabria quando, lo hanno detto in molti, sarebbe stato agevole rinviare l’udienza di qualche settimana.
Detto questo, dobbiamo ricordarci che se Lucano ha agito combinando pasticci e non rispettando la legge deve risponderne. Certo, riteneva di agire contro norme ingiuste, cercava come poteva di aiutare dei disperati, viveva in una regione dove regna l’illegalità. Tutto vero, ma, soprattutto come sindaco, doveva comunque rispettare la legge (oppure togliersi la fascia tricolore e ribellarsi). Ed è giusto che risponda di quello che ha fatto.
Resta, però, quel sentimento che si basa su fatti: un uomo che voleva aiutare chi sta male è stato condannato a una pena più severa di chi le stesse persone ha colpito con un fucile.
Se il diritto, invece di fare giustizia, realizza un’evidente ingiustizia dobbiamo interrogarci. Non ci va di mezzo soltanto la sorte di Mimmo Lucano, ma la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato. E un Paese sano e forte si sa correggere quando appare a tutti chiaro che le sue regole contraddicono quel principio che campeggia in tutte le aule dei tribunali: la legge è uguale per tutti.
Trattare in modo uguale persone che hanno avuto comportamenti tanto diversi è disumano. E non è nemmeno giusto.

Ferruccio Sansa