Giorgia, i nostalgici continuano a sentirsi bene a casa sua

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Nel lessico di Giorgia Meloni sono entrati i camerati che sbagliano.

Cioè quei nostalgici le cui gesta fanno il gioco degli avversari. “Utili idioti”, al servizio della sinistra, li aveva definiti dopo l’inchiesta di Fanpage. “Delinquenti”, ha rincarato dopo l’assalto alla Cgil: per colpa degli squadristi è passata in cavalleria la protesta no-vax. Non solo Giorgia prende le distanze da loro, ma rinfaccia a Luciana Lamorgese di non averli fermati in tempo. Fosse dipeso da lei, li avrebbe gonfiati di botte, e c’è da capirla: i facinorosi neri rappresentano un rischio mortale.

Immaginiamo se si fossero scatenati alla vigilia delle elezioni politiche, con tutti i riflettori addosso, scatenando un imbarazzo anche internazionale. Il danno sarebbe stato peggiore. Per buona sorte della Meloni il bubbone è scoppiato in anticipo, così d’ora in avanti massima severità. Ed è già una svolta rispetto a quando rifiutava di ammettere il problema. Fino a ieri il fascismo le rimbalzava (vedi l’agiografia “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”). Si dichiarava estranea a certi mondi. Escludeva di compiere abiure, conversioni, autocritiche tipo quella di Gianfranco Fini, perché lei non aveva nulla di cui chiedere scusa. Odia le dittature, prova orrore dei razzisti, è perfino amica di Israele: che altro si pretende da lei?

Pensava insomma di aver fatto il massimo. D’ora in avanti, invece, tolleranza zero, segno che da donna intelligente ha capito il pericolo. Saranno banditi i saluti romani, i pellegrinaggi a Predappio, le camicie nere e l’intero repertorio folkloristico del Ventennio. Chi traffica coi vecchi arnesi (come il numero tre del partito, Carlo Fidanza) verrà messo ai margini. Così Giorgia pensa di coprirsi le spalle in futuro, sperando che possa bastare. Ma basterà? Il dubbio è lecito. Reprimere le nostalgie non va alla radice. Un po’ come ammettere: “Siamo ancora quella roba lì, almeno cerchiamo di non farci riconoscere”