La prima cosa da fare è attivarsi per tenere alta l’attenzione.
Perché tra qualche giorno arriverà un’altra tragedia, i riflettori si spegneranno, i giornalisti se ne andranno, e quelle donne (ma anche gli uomini) resteranno da sole.
In loco sono rimaste le agenzie Onu e poche Ong coraggiose in situazioni molto precarie. La mia idea è che è prioritario tenere viva l’attenzione, con una Commissione internazionale di monitoraggio sui diritti umani, istituto che è stato già usato in passato in altre circostanze e che dovrebbe nascere dal Comitato per i diritti umani di Ginevra. Ne ho parlato prima con la viceministra Marina Sereni, poi con il nostro sottosegretario Benedetto Della Vedova. Qualcosa si è messo in moto: la scorsa settimana è uscito questo Joint Statement firmato da 47 Stati membri che chiede l’istituzione della Commissione. Ma non è semplice. Per diventare operativo lo Statement si deve trasformare in una risoluzione del Consiglio di Ginevra, dove non abbiamo la maggioranza e molti ancora resistono a questo passaggio finale. Occorre assolutamente premere per tenere insieme gli europei su questo obiettivo.
E poi continuare a tenere le donne afghane in mente, anche quando la nostra attenzione si sarà spostata su altre priorità, magari dedicando a loro quest’anno la giornata del #25novembre contro la violenza sulle donne, alle coraggiose donne che a Kabul scendono in piazza a volto scoperto.



