Luca Morisi non ha commesso reati fino a prova contraria, e quello che accade tra adulti e consenzienti non ci riguarda

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Ma se uno monta la più grande macchina di propaganda politica d’Italia puntando sulla costruzione del nemico

E se questo nemico spesso è drogato, gay, straniero, e poi è sospettato di aver organizzato un droga party con escort stranieri, è difficile non parlarne. Il problema, però, non è Morisi. Il problema siamo noi. Perché la macchina di propaganda da Morisi organizzata e leggiadramente definita Bestia funzionava benissimo. E non solo perché Salvini è il leader europeo più seguito su Instagram, subito dopo Macron e davanti alla Merkel (la Meloni ha meno della metà dei suoi follower). Perché il metodo Morisi ha fatto scuola. In tutto l’Occidente la Rete ha accelerato l’imbarbarimento della discussione pubblica. I leoni da tastiera ci sono dappertutto, e lasciano il tempo che trovano. Ma solo in Italia il meccanismo è alimentato da siti e giornali che sistematicamente deformano il pensiero altrui, non attaccano le idee ma le persone, additandole all’odio e al dileggio per il nome che portano, il posto da cui vengono, le loro caratteristiche fisiche, financo le loro malattie.

Con un sistema giudiziario equo ed efficiente, tutto questo non potrebbe accadere: criticare è un dovere; insultare è un reato. Eppure questo metodo prospera con successo, piace a una parte dell’opinione pubblica, costruisce carriere anche accademiche: intimiditi, gli insultati nominano e promuovono coloro che li insultano, nella speranza di essere lasciati in pace. Luca Morisi esce di scena, accompagnato dalle preghiere un po’ ipocrite del senatore Pillon. Il metodo Morisi è qui per restare.

Aldo Cazzullo