Questa scrittrice inglese (originaria della Black Country) ha creato un soggetto investigativo nuovo che opera, con tutti gli altri personaggi che lo circondano, nella stessa regione in cui ella stessa vive: Kim Stone, una detective introversa, forse problematica per via di un infanzia poco felice, ma genuina, giusta, corretta e soprattutto tenace nel perseguire il crimine ed i delinquenti
Del suo primo volume, Urla nel silenzio, la Marsons ha venduto oltre un milione di copie nel mondo.
Questo secondo giallo/thriller tratta l’investigazione di un caso apparentemente semplice, la vendetta personale di una ragazza verso il suo stupratore, che semplice non è. Infatti Kim, dall’alta sensibilità sensoriale, quando incontra una persona nuova percepisce aspetti di essa che molti non sentono; soprattutto un “individuo spietato, egoista, deciso e senza sentimenti verso il prossimo”- che le dice una serie di innocenti bugie sulle quali va a fondo per capire, scoprendo così “un gioco del male” nel quale viene lei stessa invischiata, ma dal quale uscirà vincitrice, chiarendo e dimostrando – pur nell’oggettiva difficoltà della posizione – le ambiguità di quel soggetto.
La mente criminale che – senza colpo ferire – provoca una serie di morti è molto acuta e perversa, indirizzando in questo modo in ogni momento le indagini in zona morta; Kim deve impegnarsi al massimo per fermare quel massacro, approfondendo anche le minime piste dell’indagine, anche perché la soluzione del problema è diventata – con il succedersi degli eventi – anche un fatto personale, avendo “l’individuo spietato” indagato sulla sua vita privata, scoperto le sue debolezze e messo in atto un piano per sfruttarle a suo vantaggio, azioni in cui Kim rischia addirittura la vita!
Si tratta infatti di una guerra psicologica tra i due che si sviluppa in mosse e contromosse scacchistiche, ovvero entrambi operando su personaggi diversi da loro due per venirne a capo e sconfiggere l’avversario.
I 75 brevi capitoli in cui si sviluppa l’intricata e intrigante trama sono altresì ricchi – oltre che di suspence e di cambi repentini di comportamenti – anche di profonde descrizioni di debolezze umane, tutte trattate con tatto dall’autrice. Uno dei casi investigativi all’esame delle indagini che s’intrecciano tra loro, infatti, tratta il non facile argomento di abuso dei minori, due sorelline – Daisy e Louisa, otto e “meno di tredici” la seconda -, da parte di un padre che riesce a compiere le sue sporche cose nascondendo il tutto persino alla moglie (cosa per altro difficile da credere, ma possibile), scoprendo solo alla fine le insospettabili connivenze e coperture a cui si è appoggiato e sostenuto.
Dougie è un personaggio del tutto marginale in questo romanzo, “non ufficialmente un paziente” nella casa/clinica riabilitava per criminali di Hardwick House diretta da David; si tratta di un pezzo d’uomo alto più di un metro e ottanta, allampanato, che soffre di una forma grave di autismo, disconosciuto dalla sua famiglia da quando aveva 12 anni (“…ma non è pericoloso…”- dice di lui David, che gli sta sempre vicino). Ebbene, incredibile ma vero – anche qui sta la bravura creativo-narrativa della Marsons – Dougie, questo personaggio marginale del romanzo, custodisce “la chiave di svolta” che risolverà tutti i misteri ed aprirà a Kim la porta verso la soluzione definitiva, con la giusta punizione per “il colpevole”, che altrimenti l’avrebbe fatta franca. “Chiave” scoperta per puro caso, lasciando agire l’istinto e l’intuito accanto al coraggio ed alla fiducia…
Lettura scorrevole e senza noia.
Franco Cortese Notizie in un click



