Il tumore che regredisce dopo la vaccinazione anti-Covid

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Un tumore delle ghiandole salivari con metastasi polmonari che regredisce a seguito della vaccinazione contro Sars-CoV-2.

È una storia con pochi precedenti, quella raccontata da un gruppo di ricercatori dell’MD Anderson Cancer Center di Houston attraverso le colonne del «Journal for Immunotherapy of Cancer». Protagonista una donna di 61 anni, operata e sottoposta a radioterapia per asportare la malattia.

Trattamenti che non hanno comunque impedito la formazione di metastasi polmonari. Un caso complesso, che agli occhi dei sanitari è mutato però nell’arco di un anno. A seguito della vaccinazione con il farmaco di Moderna, le dimensioni e la composizione del tessuto tumorale prelevato dai polmoni sono cambiate in maniera radicale. Un’evoluzione riportata in letteratura soltanto in altre tre circostanze, sulle riviste «Current Oncology» e sul «British Journal of Dermatology» . In pazienti affetti da un tumore del rene e da un linfoma cutaneo anaplastico primitivo.

Il tumore e il ruolo del vaccino contro Covid-19

La paziente, ricevuta la diagnosi di carcinoma mioepiteliale della parotide sinistra, è stata sottoposta a quella che rappresenta la prima linea di trattamenti. Ovvero: l’intervento chirurgico per l’asportazione della massa e la radioterapia. Una strategia corretta, ma insufficiente a evitare il riproporsi della malattia. Appena quattro mesi più tardi, infatti, i radiologi e gli oncologi hanno riscontrato la presenza di metastasi a entrambi i polmoni. Un’evoluzione – quella documentata attraverso l’imaging (TAC) e una biopsia toracica: seppur senza che la donna avesse sintomi – priva di ulteriori opzioni terapeutiche. Da qui la decisione di osservare in maniera «stretta» – con gli stessi esami ripetuti a cadenza trimestrale – il decorso della malattia. Negativo, come dimostrato dal raddoppio delle dimensioni di un nodulo polmonare in sei mesi: da 1,4 a 3 centimetri. Una scelta che aveva consigliato ai camici bianchi di arruolare la paziente in una sperimentazione clinica. Passaggio però preceduto – a febbraio del 2021, quasi un anno dopo la diagnosi – dalla somministrazione delle due dosi del vaccino contro Covid-19. Uno step necessario per proteggere una paziente immunodepressa dai rischi legati alla pandemia.

Ma che potrebbe aver avuto un’efficacia superiore a quella attesa. Le TAC effettuate in seguito – dopo 1, 3, 6 e 9 mesi – hanno infatti evidenziato una progressiva riduzione delle lesioni. Ma non solo. A essere cambiata nel tempo è stata anche la composizione del tessuto tumorale, arricchitosi al suo interno di cellule del sistema immunitario: linfociti B, linfociti T, cellule dendritiche e natural killer.