I PMI manifatturieri europei hanno visto tutte revisioni al ribasso (in particolare in Germania) a indicare che il manifatturiero ha continuato a deteriorarsi. La nota di commento ai dati di S&P Global parla di domanda in forte contrazione (al livello più forte da maggio 2020) e produzione in alcuni casi arrestata dal balzo dei costi energetici
Le pressioni inflazionistiche sono aumentate, con il calo dei costi di consegna più che compensato dall’aumento dei costi dell’energia. Anche la fiducia delle aziende è tornata a peggiorare, con gli ordini che rallentano più veloce della produzione. L’ISM americano dal canto suo registra un calo dei tempi di consegna, e aumento delle scorte, mentre molte aziende hanno dichiarato di pensare a un blocco delle assunzioni, andando a peggiorare il quadro sul mercato del lavoro.
Se il manifatturiero peggiora, la situazione sembra dare qualche segnale più positivo nel settore dei servizi, soprattutto negli USA: l’ISM Services è calato solo marginalmente dai livelli di agosto e continua a segnalare un’attività robusta. Nei dettagli si evidenzia il rimbalzo dell’occupazione (l’esatto contrario del manifatturiero) mentre l’attività e i nuovi ordinativi calano solo marginalmente ma restano su buoni livelli.
Su livelli simili (area 57) l’ISM è parso non dare molto appiglio alla Fed per allentare il suo atteggiamento aggressivo, mentre è andato ad incrementare la probabilità di un report sul mercato del lavoro molto forte. Da qui è nato verosimilmente il recupero dei tassi dopo il calo di inizio settimana.
Chiudiamo con le dichiarazioni di Moody’s che hanno contribuito a mettere pressione sullo spread dell’Italia: la società di rating si è detta pronta ad abbassare il rating in futuro, dopo averlo confermato venerdì scorso, in caso di mancata attuazione delle riforme previste dal PNRR. Solo la news ha contribuito all’allargamento immediato dello spread di 13/14 bp, con lo stesso che si è riportato in prossimità dei massimi dell’anno, oltre i 245 bp.


