Cornell Woorlich – La sposa era in nero – Milano, Mondadori, 1948. 146 p. (246)

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GIALLO 1 – Con questo giallo faremo un salto nel passato della letteratura “noir”, quando era ai primordi – anni ’30 – ’60 del Novecento -, e scrivevano i “maestri” Ellery Queen, Edward Wallace, Rex Stout, Peter Cheney, Erle Stanley Gardner… e tanti altri che sarebbe lungo citare e impossibile parlarne compiutamente; ricorderemo quindi quei tempi per un doveroso omaggio, analizzando sei romanzi di un nome non di primissimo piano, Cornell George Hopley Woolrich, che ha saputo ben rappresentare quel periodo

Questi produceva tante novelle e romanzi in numero tale che la sua casa editrice non poteva stargli dietro, tanto che dovette ricorrere ad altri editori, proponendosi con lo pseudonimo di William Irish.
Questi suoi sei gialli celebri, “storici”, racchiudono una narrazione che non ha nulla da invidiare a quella moderna in tema di “suspence”, di intrighi, di cambiamenti, di acutezza investigativa… pur mantenendo quella sensibilità e profondità di indagine caratteriale dei personaggi degna di scrittori che conoscono bene la natura umana, con le sue debolezze e la sua forza vitale, il senso di giustizia e la imperscrutabile potenza del caso, la psicologia e… la dolcezza del lettore quando riesce a ben sciogliere la tensione della lettura giungendo alla liberazione finale in fondo all’ultima pagina.

Già la trama generale di questo primo testo è un intrigante programma: la storia di una donna che cambia continuamente identità ed ogni volta compie un delitto, apparentemente che non ha nulla a che vedere con il precedente e con i successivi; il nesso, il movente, verrà scoperto solo alla fine, dopo l’ultimo avvenimento criminoso, ricco di tensione e angoscia, non da un Poirot, un Maigret o uno Sherlock Holmes, ma da un semplice poliziotto, Wanger, che nulla ha da invidiare a quelle menti così acute, metodiche ed intelligenti.

Le vittime prescelte, Bliss, Mitchell, Moran, Ferguson e Holmes, in un modo o nell’altro – dopo attento studio dei loro comportamenti – vengono avvicinate da una bella donna, Julie Killeen, che o sa entrare nelle loro grazie o sa approfittare di momenti particolari per comunque portare a termine l’omicidio, facendo attenzione a non compromettere altre persone… come nel caso di Bliss, (spinto oltre un terrazzo nel vuoto, durante una festa) quando, dopo averlo ucciso sparisce ; come nel secondo, Mitchell, avvelenato il quale avverte una ragazza che sta per entrare nella stanza in cui c’è il cadavere di non farlo, di allontanarsi e di chiamare gente perché lei ha ucciso un uomo; oppure nel terzo caso, Moran, dove utilizza l’ingenuità di un bambino per ucciderne il padre, ma senza fargli del male diretto, dopo aver allontanato la madre con un falso telegramma ed essersi sostituita alla sua insegnante/baby sitter momentanea.

Nel quarto omicidio Ferguson, un pittore, muore colpito da una freccia scoccata da un arco in mano ad una modella “improvvisata”, l’assassina, mentre la dipingeva nel ruolo di Diana: può essere stato un tragico caso sfortunato?

Nel quinto, un tentativo di omicidio, lei si fa soccorrere in casa dello scrittore  Holmes a causa di una slogatura, diventando poi “quasi una di casa”, ma non riesce nell’intento… perché, a sorpresa, l’acuta astuzia architettata per ucciderlo – quando lui sedeva sempre alla stessa poltrona ispiratrice – basata sul calore del caminetto che avrebbe dovuto far partire un colpo di fucile a lui diretto, viene sventata dal bravo Wanger che, finalmente incastra la pluriomicida…

Infine però, alla scoperta della verità, tutto cambia ed assume una forma diversa: la realtà delle cose si rivelerà ben diversa da quanto supponeva Julie… la quale pur non essendo pentita di quello che ha fatto, dovrà masticare amaro, ammettendo che la vita reale, molto spesso, non è né quella desiderata o immaginata né quella programmata e costruita giorno dopo giorno, ma la “figlia” del destino che non obbedisce ai singoli o a delle leggi ma ad una entità o ad una forza che si pongono oltre l’umana comprensione.

Se facciamo attenzione ce ne rendiamo conto, quotidianamente, anche noi.

franco cortese

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