Una delle emergenze con le quali gli esperti dovranno confrontarsi sempre più spesso nei prossimi anni, è la degenerazione maculare legata all’età, che attualmente interessa oltre 1milione di italiani: per loro leggere è quasi impossibile, guidare un’utopia e anche camminare e andare a fare la spesa un’impresa a causa di quello che viene riferito come un “buco” al centro del campo visivo.
Un panorama destinato a cambiare nel prossimo futuro grazie all’arrivo di nuovi farmaci e di innovative strategie di intervento su cui gli esperti faranno il punto nel corso del secondo Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche.
“La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta al crescere dell’età – osserva Stanislao Rizzo, direttore della Clinica oculistica del Policlinico universitario A. Gemelli IRCSS, e membro del Consiglio direttivo Siso. – E’ ormai una malattia sociale e rappresenta la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni, nel mondo occidentale. Ne esistono due forme, quella “secca”, la più comune (circa il 90% di tutte le forme), e quella umida o essudativa. La maculopatia umida fino a qualche anno fa non era considerata curabile ma i progressi terapeutici degli ultimi anni hanno consentito di rallentarne notevolmente la progressione e di ridurne l’evoluzione”.
“Purtroppo – mette in guardia l’esperto – molti pazienti arrivano alla diagnosi in ritardo perché non si sottopongono a visite oculistiche di controllo dopo i 50 anni e perché trascurano i sintomi iniziali, costituiti principalmente dalla visione un po’ distorta delle immagini: se l’altro occhio è sano, accade di non accorgersene subito e il disturbo progredisce, fino ad arrivare alla comparsa di una macchia scura potenzialmente irreversibile e indistinta in mezzo al campo visivo. L’obiettivo della ricerca di questi ultimi anni è stato perciò trovare farmaci che potessero essere più efficaci nel ritardare la progressione della perdita visiva agendo anche su altri fattori di crescita coinvolti, e che rendessero più agevole la cura, riducendo la necessità di somministrazioni intravitreali”.


