ALLA FINE PURE SUPER MARIO SI È “DISUNITO”

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Si potrebbe dire a Mario Draghi “non ti disunire” – la battuta dell’ultimo film di Paolo Sorrentino che domina la conversazione pubblica – se Mario Draghi non avesse già cominciato a disunirsi, a partire dalla conferenza stampa del “nonno”.

Espressione che ha focalizzato l’attenzione mediatica per le implicazioni sul Quirinale (il nonno disposto a servire la più alta istituzione della Repubblica ma pronto a tornare a fare solamente il nonno, eccetera) distogliendoci da quel certo distacco, quasi esistenziale, che promanava dalle risposte del premier. Da quel suo insistere sull’azione di governo, a suo avviso felicemente avviata e che dunque d’ora in avanti potrebbe serenamente fare a meno di lui, si coglievano le comprensibili ambizioni per il raggiungimento della vetta. Ma forse pure tedio e logorio per l’esercizio di una funzione divenuta ripetitiva, o vissuta come tale.

Mettetevi nei panni di un signore che da presidente della Bce, entità quasi fisicamente irraggiungibile, muoveva le leve dell’economia europea, e anche globale, da un anno costretto a sorbirsi le molestie di un Salvini o i piagnistei di un Bonomi. Detto che non glielo ha ordinato il medico di fare il presidente del Consiglio un certo disunirsi progressivo, e preoccupante, del governo lo si nota nella comunicazione vieppiù confusa e contraddittoria su quarantene, green pass e tamponi che imperversa in questa fine del 2021 nel segno di Omicron.

Senza contare la legge di bilancio, entrata festosamente in Parlamento come la prima dell’era Pnrr e uscita raffazzonata come sempre. Perché se gli italiani eternamente in fila avrebbero tutto il diritto di cominciare a stufarsi, chi si è assunto la responsabilità di guidare il paese tra i marosi ha il dovere di tenere ben saldo il timone. Ragion per cui il nome di chi ci governerà in futuro da palazzo Chigi, e con quale energia politica e personale lo farà, è molto più determinante del nome che salirà al Colle. Non ti disunire, ovvero non dimenticare il tuo ruolo, il tuo compito, dice il regista Capuano a Fabietto che non sa bene cosa fare del suo futuro. È stata la mano di Dio, il film. È stata la mano di Draghi, la politica (che in fondo, per alcuni, sono la stessa cosa).

Antonio Padellaro