Almaviva Palermo, si va verso lo sciopero

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MILANO : CALL CENTER AZIENDA A2A FOTO DI © MARCO VACCA/SINTESI

La ristrutturazione della sede di Palermo sembra ormai inevitabile. Per i 2.800 lavoratori di Almaviva Contact l’inizio anno si annuncia durissimo, dopo il drastico taglio dei volumi di traffico dei principali committenti del colosso dei call center, quali Tim, Wind-Tre e Sky. L’incontro tra azienda e sindacati di venerdì 10 gennaio nella sede di Sicindustria si è concluso con un nulla di fatto, così come interlocutorio era stato anche il vertice di mercoledì 8 gennaio a Roma presso la sede del ministero del Lavoro. Nel pomeriggio di (lunedì 13 gennaio) Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil si riuniscono per decidere come portare avanti la vertenza, si va dunque verso la proclamazione di un nuovo sciopero.

La crisi è iniziata con il taglio della commessa di Tim e Wind-Tre, cui di recente si è aggiunto quello di Sky: il 19 dicembre scorso, con la nota di pianificazione per i primi tre mesi del 2020, la piattaforma televisiva ha annunciato la riduzione dei propri volumi di traffico del 36 per cento (rispetto alla media dell’ultimo trimestre del 2019). Attualmente sono 2.552 i lavoratori che usufruiscono fino al 31 marzo prossimo della cassa integrazione in deroga al 35 per cento: un accordo che per ora ha scongiurato i 1.600 esuberi annunciati (pari al 57 per cento del personale) dopo la perdita delle commesse dei gestori telefonici. Al tavolo di crisi attivato presso il ministero Tim si è detta disponibile a riportare alcune commesse nel nostro Paese, mentre Wind-Tre vorrebbe vincolare il possibile ritorno in Italia dei volumi dall’estero con un progetto di defiscalizzazione delle chiamate che rientrano e con il pagamento del servizio clienti per alcune tipologie di chiamate.

Nel vertice palermitano di venerdì 10 Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Tlc e Rsu aziendali hanno ritenuto “insostenibili” le ricadute che arriverebbero dal prosieguo dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali dal 1° aprile. In particolare, i sindacati hanno chiesto che siano condivise in ambito nazionale e “spalmate equamente su tutti i lavoratori”. Per le organizzazioni è “inaccettabile sottoporre i lavoratori a tali perdite economiche e contestualmente rilevare sui siti web internazionali la ricerca di personale da destinare alle attività di Sky in Albania, lavoro che fino a pochi giorni fa veniva assicurato al sito palermitano di Almaviva”. Da qui la decisione di riunirsi oggi, allo scopo di decidere “le iniziative di lotta da intraprendere con il coinvolgimento di tutti i lavoratori”.

Da parte propria, Almaviva sottolinea che andrà avanti per la propria strada. “Pur comprendendo le motivazioni che la muovono – spiega la società –, l’odierna posizione di difficoltà rappresentata dalle organizzazioni sindacali ad attivare nel medio periodo un percorso sostenuto da specifici ammortizzatori sociali necessari a fronteggiare la gravissima realtà degli esuberi strutturali, percorso indirizzato al tavolo istituzionale riunito negli ultimi mesi, in assenza di strumenti diversi, rende allo stato impercorribili soluzioni alternative alla ristrutturazione del centro”. L’azienda, infine, sottolinea di aver sempre “condotto, sostenuto e condiviso, fino a oggi e in tutte le sedi, ogni iniziativa e confronto utile ad assicurare le indispensabili condizioni di stabilità occupazionale e di sostenibilità economica per il centro produttivo di Palermo, colpito dal drastico taglio dei volumi di attività deciso, e confermato, ancora negli ultimi giorni, da alcuni dei principali committenti”.

Sulla vertenza, infine, va segnalato che il tavolo di crisi istituito presso il ministero del Lavoro è diventato permanente. Così infatti hanno stabilito i rappresentanti del governo presenti al vertice di mercoledì 8 gennaio, ribadendo l’impegno a seguire con continuità la questione e, appunto, considerando permanente il tavolo sul sito di Palermo. Il governo, inoltre, ha assicurato che entro gennaio sarà convocato il tavolo di settore che dovrebbe portare le risposte necessarie e le misure strutturali a sostegno del comparto. Riguardo all’incontro, una nota ministeriale ha evidenziato che il management di Almaviva “ha manifestato l’esigenza che sia avviato un confronto con le organizzazioni sindacali per condividere il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi, per il periodo necessario a superare l’attuale riduzione dei volumi di traffico”, quegli ammortizzatori le cui ricadute sono state definite “insostenibili” dai sindacati.

Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil sono tornate a chiedere regole certe per il comparto, un ammortizzatore strutturale, il pagamento dei servizi e la defiscalizzazione sui volumi di traffico rientrati in Italia. La richiesta ad Almaviva è di “non far precipitare la situazione con l’apertura di procedure di ristrutturazione e di continuare a utilizzare il sostegno dell’ammortizzatore nell’attesa di un intervento strutturale anche sotto il profilo della riconversione, in quanto il settore è, comunque, sovradimensionato. Il reshoring dei volumi è la misura che deve dare l’ossigeno per avviare il necessario percorso di riconversione per il quale necessitano tempo e risorse economiche”.

Per il segretario generale della Slc Cgil palermitana Maurizio Rosso, se non si mettono “a fuoco, come base, tre-quattro regole fondamentali, non cambierà mai nulla, e questo settore sarà sempre precario, vivrà sempre nel terrore. Questa di Sky è solo l’ultima tegola”. Rosso evidenzia la necessità di “far rispettare le tariffe contrattuali, che sono fondamentali” e di una severa “lotta alle delocalizzazioni: c’è un enorme traffico fuori dalla comunità europea”. Per il segretario Slc “questo potrebbe diventare il settore principe dei servizi, con livelli occupazionali destinati a crescere. Ma senza stabilire delle regole non si potrà mai cambiare nulla, così questo comparto non ha dove andare”.

Maurizio Rosso evidenzia che “il costo del lavoro di un call center non può essere inferiore a 0,55 centesimi al minuto, invece ancora si fanno appalti a 0,36 centesimi al minuto, così non si possono pagare nemmeno i lavoratori. Se il governo non fa rispettare questo limite, non c’è speranza. Sono anni che diciamo queste cose, ma da parte delle istituzioni non c’è alcun impegno”. Per l’esponente sindacale “bisognerebbe anche creare un fondo strutturato dedicato al settore, in modo da poterci difendere, da poter creare i presupposti per una sua trasformazione. In questo comparto lavorano quasi 100 mila persone, oggi il rischio è che scompaia del tutto”. La soluzione, conclude Rosso, è che “il governo imponga a questi colossi di rispettare contratti e tariffe, facendo nello stesso tempo una lotta feroce alle delocalizzazioni”.