Andrea Carletti e Domenico Lucano . Cosa li accomuna?

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Essere sindaci di due piccoli comuni: il primo nell’Emilia Romagna prospera, solidale e ben amministrata, il secondo in quella #Calabria dal cuore grande e inclusiva.
Figli di territori diversi ma accomunati dall’essere stati vittime innocenti di un linciaggio politico e mediatico fatto di menzogne e fake news da parte della Lega e del M5S.
Linciaggio a cui si sono unite l’onta e l’affronto di una carcerazione preventiva – che un grande giurista ha definito “la lebbra del processo penale” – per cui, ha ritenuto la Cassazione, non vi erano i presupposti. Per mesi e mesi sono stato privati dalla possibilità di occuparsi della Comunità che li aveva eletti. Per mesi e mesi sono stati infangati da un marchio d’infamia che non è ammissibile in uno stato di diritto.
Tante, troppe, sono state a le persone che si sono accanite su di loro, a cominciare da esponenti nazionali della Lega e del M5S fino all’attuale candidata leghista alla presidenza dell’Emilia Romagna con le sue volgari magliette sfoggiate anche all’interno del Parlamento.
In queste giornate in cui si discute di “riforme” sulla giustizia palesemente sbagliate, controproducenti e in alcuni parti incostituzionali è bene anche farsi qualche domanda sull’uso e, non raramente, sull’abuso della carcerazione preventiva.
Vi sono degli abusi che non possono trovare giustificazioni e sarebbe bene porvi rimedio per non incorrere in nuovi casi Carletti e Lucano e per evitare, per quanto umanamente possibile, ingiuste detenzioni, errori giudiziari e, più in generale, una giustizia che, se quelle norme saranno approvate, avrà tempi sempre più lunghi e, in alcuni casi, infiniti.

Giuliano Pisapia