Basket in carrozzina. La storia bella di Chiara Coltri

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Prima di sapere chi è, chiedetegli se è felice… Anzi no, non serve. Ambasciatrice paralimpica, rappresentante atleti nel Consiglio Nazionale CIP, vice presidente della Federazione Italiana Pallacanestro in Carrozzina, due maglie da basket nel ruolo di guardia, quella della Nazionale e del CUS Padova, il suo club, due fasce da capitano, addirittura, da onorare. Più un lavoro al CUS Padova, l’amore e tanto altro “da non avere altri desideri o particolari obiettivi personali da centrare, nell’immediato futuro. Per natura vivo alla giornata, mi godo il presente”, dice con un sorriso disarmante e una personalità decisa, che si impone al primo sguardo.

Veronese, il giorno di Natale compirà trentatre anni, vissuti intensamente. Soprattutto gli ultimi diciassette, senza respiro e con l’acceleratore spinto: quelli seduta sulla carrozzina, dopo l’incidente in auto con gli amici in cui ha riportato la lesione midollare della 6^ vertebra dorsale. Frequentava la terza liceo.

“Tutto è cambiato per me, quando ho deciso davvero di cambiare. Dopo l’incidente, sono seguiti 6 mesi di riabilitazione in un ambiente ovattato e protetto, quello dell’ospedale, che mi ricordo a fine cure non volevo lasciare, per paura della vita che mi aspettava. Poi rientrata a casa, ho capito che non mi faceva bene continuare ad adagiarmi nelle comodità, aiutata in tutto da chi mi amava circondandomi di attenzioni”. Per fare il salto, occorreva stravolgere la quotidianità, cercare l’ostacolo e poi superarlo. “Ci sono voluti anni di metabolismo lento, alternato alla paura che si prova sempre verso ciò che non conosci”.

Padova era la meta perfetta per gli studi universitari di Scienze Politiche. Non lontano da casa, ma comunque altrove. Così dopo la maturità Chiara si trasferisce, va a vivere da sola. E la strada prende un senso: “Ho conosciuto un ragazzo che giocava a basket e che mi ha portato con lui in squadra. Tutto sta a essere accompagnati fisicamente in palestra, per tutti è così. Poi è stato davvero un attimo, mi sono innamorata prima dei miei compagni di squadra che dello sport, amavo stare nel gruppo, imparare da loro che avevano ripreso in mano la loro vita e riconquistato l’autonomia nelle piccole cose, come guidare la macchina, essere autonomi e indipendenti”.

Mai giocato a basket prima, Chiara, solo un po’ di pallavolo a scuola con le compagne. Sempre gioco di squadra, però, condivisione: questa è la sua natura, generosa e disinteressata. “Di questo sport che è faticosissimo, ma devi pensare che sarà sempre ripagato dai risultati in campo, mi piace lo sforzo comune per l’obiettivo. E mi piace l’idea di mettermi al servizio delle compagne, sono più felice di aiutare le altre a fare canestro, piuttosto che farlo io”.

Non l’avrebbe mai immaginato questo seguito della storia, ma oggi la palla a spicchi colora la sua vita di atleta che sogna i podi vertiginosi delle Paralimpiadi, perché no: “Purtroppo però abbiamo fallito la qualificazione agli Europei terminati pochi giorni fa, dobbiamo fare bene alle prossime qualificazioni per gli Europei. Solo che abbiamo poche ragazze che giocano a basket in carrozzina, tocca andare a cercarle. Con i Candido Camp abbiamo fatto un po’ di scouting tra i giovanissimi, si sono avvicinate delle ragazzine. Ma è molto difficile, oltre alla disciplina stessa, che richiede di spingere la carrozzina mentre si va sotto canestro, convincere le famiglie a sostenere questo percorso sportivo. Magari la logistica è complicata perché la squadra è lontana o le palestre scarseggiano”. La situazione è a macchia di leopardo: “In val d’Aosta per esempio la pallacanestro in carrozzina non esiste, quanto al sud, a Reggio Calabria c’è una squadra e in Sicilia si sono formate tre quattro squadre ultimamente”.

Quanto alla veste istituzionale di Ambasciatrice, l’agenda è ormai piena di date: “Ma anche prima della nomina nel Team paralimpico, facevo promozione girando con il CUS nelle scuole, ai vari gradi di istruzione, e a ogni età portiamo dei messaggi diversi. I piccolini all’inizio sono stupiti, le curiosità sono sempre quelle: come faccio a vivere una vita normale, a cucinare, a vestirmi, a guidare la macchina. Poi provano a salire sulla carrozzina con la palla in mano, perché agli incontri portiamo sempre delle carrozzine da basket, e tutto diventa un gioco, non vogliono più scendere. Per coinvolgerli maggiormente, poi, li invitiamo ad assistere alle partite e loro si innamorano”. Tutto si rifà, in modo diverso da prima ma non meno soddisfacente, sembra dire con i fatti Chiara.

“A Padova, poi è molto semplice, c’è un’amministrazione molto attiva e sensibile al tema dell’inclusione. In 10 anni che ci vivo, l’ho vista trasformarsi. E’ una città universitaria, dove tutti si muovono in bicicletta e per questo si stanno eliminando tutti i possibili gradini su strada. Poi c’è in attuazione un piano per l’abbattimento di tutte le barriere e lo studio dei percorsi migliori per la mobilità di tutti. Hanno anche agevolato le società che fanno attività paralimpica”.

All’unica domanda non fatta, ha risposto con la luce negli occhi. Non manca proprio niente, per essere felici.