Beppe Grillo, lo show contro tutti: gli “sfottò” su Di Maio e gli aneddoti su Draghi

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Beppe Grillo

Difende il Movimento 5 Stelle a spada tratta, ma non nomina mai Giuseppe Conte (mentre ricorda gli inizi insieme a Gianroberto Casaleggio). Svela retroscena, pungendo tra lodi e sfottò i protagonisti dell’ascesa e della caduta del governo Draghi. Beppe Grillo è un fiume in piena. Al Teatro Nazionale di Milano fa tappa il suo show Io sono un altro e — sebbene la politica sia confinata in un angolo marginale — il fondatore del Movimento riesce a infilare una serie di battute salaci.

Nel mirino finiscono il ministro Gennaro Sangiuliano: «Una bella mente aperta, ma da una parte all’altra», l’ex ministro Roberto Cingolani: «L’ho suggerito io: mi ammazzerei». E l’ex delfino Luigi Di Maio: «Solo il nome mi inquieta un po’. Era politicamente il più bravo di tutti. Ministro del Lavoro, ministro degli Esteri, ora è un diplomatico. Vive dentro a un bidone di petrolio e quando si abbassa il prezzo esce».

Racconta della telefonata di Romano Prodi per far eleggere Mario Draghi al Quirinale. Un rapporto complesso quello con l’ex numero uno della Bce, nato sotto il segno dell’«umorismo». Con uno scambio nel loro primo colloquio. «Le fragole sono mature», dice Grillo citando uno dei suoi cavalli di battaglia stellati-zen. «I mirtilli ancora no», replica Draghi.

Che loda, a detta di Grillo, quanto fatto dallo showman in politica: «Sei stato geniale». Poi il rapporto si deteriora con l’elezione del capo dello Stato. «Devi stare lì, portarci fuori dai casini», gli ho detto. «Dal giorno dopo lui non ha più salutato nessuno dei nostri, neppure Fico che era la terza carica dello Stato».

Grillo difende il reddito di cittadinanza (e martedì sarà al Parlamento europeo a parlare del reddito universale) e il superbonus. In platea ci sono diversi attivisti, qualche ex parlamentare (Stefano Buffagni, Davide Tripiedi e Riccardo Olgiati) e lo storico notaio del primo M5S Valerio Tacchini. Lo show per una novantina di minuti si dipana più sui paradossi della nostra società che su trame politiche o vicende personali. Anche se non manca un elogio ai cinesi e il solito mantra sul tetto dei due mandati («Dovrebbe essere una legge dello Stato»).

Si passa dalla mancanza di privacy alla produzione d’acciaio e idrogeno, alla Groenlandia come nuova frontiera, ai 70 miliardi di polli («Tra mille anni quando arriveranno i marziani si chiederanno: come erano fatti questi umani?»). Poi chiosa: «Oggi il massimo della vita è scomparire e io scomparirò».

Emanuele Buzzi